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Minori, affidamento condiviso, SC: “No all’automatica frequentazione paritaria con i genitori”

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Con l'ordinanza n. 19323 depositata lo scorso 17 settembre, la I sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un padre separato che pretendeva, in nome del principio della bigenitorialità, di ripartire in modo simmetrico e paritario i tempi di permanenza del figlio con entrambi i genitori.

Si è difatti precisato che il giudice può individuare un assetto nella frequentazione che si discosti dal principio di una frequentazione dei genitori tendenzialmente paritaria, al fine di assicurare al bambino la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena.

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, il Tribunale di Genova – pronunciando la separazione tra una coppia di coniugi con un figlio minore – regolava le modalità di affidamento condiviso del figlio minore, stabilendo che il piccolo trascorresse con il padre tutti i fine settimana e la giornata di mercoledì.

La madre collocataria proponeva appello, al fine di ottenere alcune modifiche alle disposizioni adottate circa tempi e modi della presenza del figlio presso il padre. La donna proponevanell'interesse del minore, al fine di permettergli di far fronte agli impegni scolastici con la massima serenità e con i giusti tempi di riposo – di poter trascorrere fine settimana alternati con il figlio.

La Corte di Appello di Genova, accogliendo le richieste materne, stabiliva che il minore trascorresse "fine settimana alternati" con la madre e che il padre, nelle settimane in cui non avrebbe avuto con sé il figlio, avrebbe potuto tenere con sé il bambino per due giorni infasettimanali. 

 Ricorrendo in Cassazione, il padre denunciava violazione dell'articolo 337-ter c.c. e del criterio della bigenitorialità, quale modello di regolamentazione del rapporto tra genitori e figli, evidenziando come siffatto criterio postulerebbe "la determinazione di tempi di frequentazione in misura tendenzialmente paritetica rispetto a quelli di permanenza presso il genitore collocatario".

A tal fine deduceva come la Corte d'Appello non solo non aveva tenuto conto della centralità della figura paterna, ma aveva omesso anche di effettuare il necessario giudizio prognostico teso a valutare, nell'esclusivo interesse morale e materiale del figlio, le capacità dei genitori di crescerlo ed educarlo nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione.

La Cassazione non condivide le difese formulate dalla ricorrente.

La Corte ricorda che, in materia di affidamento dei minori, il criterio fondamentale, cui deve attenersi il giudice, è costituito dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, dovendo privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore; in coerenza con questa premessa, l'affidamento condiviso si rivela perciò la scelta tendenzialmente preferenziale e la sua derogabilità, non consentita neppure in caso di grave conflittualità tra i genitori, risulta possibile solo ove la sua applicazione risulti "pregiudizievole per l'interesse del minore".

 Tuttavia, pur in questa impostazione che privilegia una sostanziale continuità della responsabilità genitoriale, non vige nessunautomatismo sul piano della concreta regolazione dei relativi rapporti: giurisprudenza recente, infatti, ha precisato che in tema di affido condiviso del minore, la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall'esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori e del diritto di questi ultimi a una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all'esplicazione del loro ruolo educativa.

Ne deriva che il giudice può individuare un assetto nella frequentazione che si discosti dal principio di una frequentazione dei genitori tendenzialmente paritaria, al fine di assicurare al bambino la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena.

Con specifico riferimento al caso di specie, il giudice ha correttamente e congruamente valutato le circostanze che suggerivano una frequentazione non paritaria tra i genitori, considerando la distanza esistente fra i luoghi di vita dei genitori, che imponeva al minore di sopportare tempi e sacrifici di viaggio tali da comprometterne gli studi, il riposo e la vita di relazione; la sentenza impugnata ha quindi, correttamente, privilegiato la collocazione del minore nel luogo di residenza, per poter fare fronte agli impegni scolastici con la massima serenità e con i giusti tempi di riposo.

Alla luce di tanto, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione.

 

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