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Inaccessibilità atti verifica fiscale: limitata alla fase di mera pendenza del procedimento tributario

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Si torna a parlare di accesso agli atti amministrativi. Questa volta si tratta di accesso riguardante i documenti relativi all'attività ispettiva svolta dalla Guardia di Finanza nell'ambito di una verifica fiscale che ha portato all'avvio di un procedimento tributario e di uno penale in danno dell'istante. In tali ipotesi, «la inaccessibilità agli atti [...] del procedimento tributario è temporalmente limitata alla fase di mera "pendenza" di detto procedimento, non sussistendo esigenze di segretezza nella fase che segue la sua conclusione con l'adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali, che conducono alla quantificazione del tributo».

Questo è quanto ha ribadito il Consiglio di Stato con sentenza n. 5565 del 24 settembre 2020.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa

L'appellato ha presentato istanza d'accesso agli atti relativi all'attività ispettiva svolta dalla Guardia di Finanza nell'ambito di una verifica fiscale, da cui sono stati avviati in suo danno due procedimenti: uno tributario e uno penale. La pubblica amministrazione ha emanato un provvedimento di diniego, ritenendo che "dall'esame dell'istanza de qua non si rileva quale sia il nesso intercorrente tra l'interesse personale, attuale e concreto del richiedente e la situazione giuridicamente rilevante posta alla base della richiesta di accesso avanzata dallo stesso, finalizzata alla conoscenza di atti riguardanti l'attività ispettiva (...); il necessario rapporto di strumentalità che dovrebbe intercorrere tra l'istanza di accesso e la conoscenza necessaria a valutare la portata lesiva di atti e comportamenti. 

 Anzi dal tenore e della genericità della richiesta si rileva che la stessa è manifestamente volta a consentire all'interessato di esperire un'attività di sostanziale controllo generalizzato sull'attività della pubblica amministrazione relativa al settore delle verifiche e dei controlli".

Così, l'istante ha impugnato detto diniego prima dinanzi alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, successivamente dinanzi al Tar. È accaduto che l'impugnazione dell'istante è stata accolta e la pubblica amministrazione, contro la decisione del giudice di primo grado, ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico di quest'ultima autorità giudiziaria.

La decisione del CdS

Innanzitutto appare opportuno esaminare la normativa applicabile al caso in esame, ossia l'art. 24 Legge n. 241/1990. In forza di questa disposizione il diritto d'accesso agli atti è escluso «nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano». Orbene, come afferma il Consiglio di Stato, la norma in questione, «per costante giurisprudenza, va interpretata nel senso che la inaccessibilità agli atti [...] deve essere ritenuta temporalmente limitata alla fase di mera " pendenza " del procedimento tributario, in quanto non sussistono esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento con l'adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell'imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali, che conducono alla quantificazione del tributo».

Nel caso di specie, l'appellato è stato destinatario dell'accertamento in questione e, pertanto, in virtù del suddetto orientamento giurisprudenziale, il diritto d'accesso non va escluso. A questo deve aggiungersi il fatto che la richiesta di accesso agli atti formulata dall'appellato:

  • non è generica, ma è ben circostanziata con riferimento agli atti richiesti;
  • è strumentale rispetto alle esigenze difensive del richiedente sia in sede di accertamento tributario sia in sede penale.

Da tanto ne discende che la richiesta dell'appellato non avrebbe dovuto essere oggetto di diniego, essendo, tra l'altro,

  • concreto l'interesse dello stesso a conoscerne il contenuto, anche in considerazione della pendenza del procedimento penale;
  • riguardante documentazione non relativa «all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini, bensì relativa a una normale attività ispettiva posta in essere nell'ambito di una verifica fiscale».

Inoltre, ad avviso dei giudici d'appello, l'interesse dell'appellato non è venuto meno per il solo fatto che:

  • non tutti i documenti richiesti siano stati utilizzati per l'accertamento fiscale;
  • il ricorrente avrebbe potuto avvalersi di "strumenti normativi previsti dal codice di procedura penale" per accedere a tali atti, piuttosto che ricorrere allo strumento dell'accesso ai documenti amministrativi. E ciò in quanto l'esistenza di tali strumenti, non preclude, in capo all'interessato, la possibilità di formulare un'istanza d'accesso agli atti.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello della pubblica amministrazione, confermando la decisione del Tar. 

 

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