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Pagamento compensi legali: cosa accade se si segue il rito sbagliato?

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 Con l'ordinanza n. 25516 dello scorso 30 agosto, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciandosi in merito alle azioni processuali esperibili per ottenere il pagamento del compenso dovuto ad un legale per le prestazioni giudiziarie rese, ha fornito importanti precisazioni sugli effetti che si determinano nel caso in cui si segua un rito erroneo.

Si è difatti specificato che nei procedimenti "semplificati" disciplinati dal d.lgs. n. 150 del 2011, nel caso in cui l'atto introduttivo sia proposto con citazione, anziché con ricorso eventualmente previsto dalla legge, il procedimento - a norma del d.lgs. n. 150 del 201, art. 4 - è correttamente instaurato se la citazione sia notificata tempestivamente, producendo essa gli effetti sostanziali e processuali che le sono propri, ferme restando le decadenze e preclusioni maturate secondo il rito erroneamente prescelto dalla parte; tale sanatoria piena si realizza indipendentemente dalla pronuncia dell'ordinanza di mutamento del rito da parte del giudice, la quale opera solo pro futuro, ossia ai fini del rito da seguire all'esito della conversione, senza penalizzanti effetti retroattivi, restando fermi quelli, sostanziali e processuali, riconducibili all'atto introduttivo, sulla scorta della forma da questo in concreto assunta e non a quella che esso avrebbe dovuto avere, dovendosi avere riguardo alla data di notifica della citazione effettuata quando la legge prescrive il ricorso o, viceversa, alla data di deposito del ricorso quando la legge prescrive l'atto di citazione".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso per decreto ingiuntivo presentato da un legale, volto ad ottenere il compenso per le prestazioni giudiziali prestate a favore di un ente pubblico nell'ambito di un giudizio civile.

Ottenuto il decreto ingiuntivo, il Comune proponeva opposizione.

 Il Tribunale di Benevento, con ordinanza, dichiarava inammissibile l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo proposta dal Comune sul rilievo che il decreto ingiuntivo era stato notificato il 4.4.2019, l'atto di citazione in opposizione era stato notificato tempestivamente ma era stato tardivamente depositato il 17.5.2019.

Il cliente proponeva, quindi, ricorso in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 4 e 14 del d.lgs. n. 150/2011.

In particolare, il ricorrente si doleva per aver il Tribunale ritenuto che l'opposizione, proposta con citazione, fosse da reputare tardiva, in quanto depositata in cancelleria oltre il termine di cui all'art. 641 c.p.c.; secondo la difesa dell'ente pubblico, invece, l'art. 4del d.lgs. n. 150/2011 avrebbe collegato all'eventuale errore nella scelta del rito la sola conseguenza della pronuncia dell'ordinanza di mutamento del rito, ma non il prodursi di eventuali decadenze, giacché gli effetti sostanziali e processuali della domanda si sarebbero prodotti secondo le norme del rito seguito prima del mutamento.

La Cassazione condivide le doglianze sollevate dal ricorrente.

La Corte ricorda che, l'opposizione avverso l'ingiunzione ottenuta dall'avvocato nei confronti del proprio cliente ai fini del pagamento degli onorari proposta con atto di citazione, anziché con ricorso ai sensi dell' art. 702 bis c.p.c. e dell'art. 14 del d.lgs. n. 150/2011, è da reputare utilmente esperita qualora la citazione sia stata comunque notificata entro il termine di quaranta giorni dalla data di notificazione dell'ingiunzione di pagamento. In tale evenienza, ai sensi l'art. 4 comma 5 del d.lgs. n. 150/2011, gli effetti sostanziali e processuali correlati alla proposizione dell'opposizione si producono alla stregua del rito tempestivamente attivato, ancorché erroneamente prescelto, per cui il giudice adito deve disporre con ordinanza il mutamento del rito, ai sensi dell'art. 4,comma 1, del d.lgs. n. 150/2011.

 Gli Ermellini ricordano che le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 758/2022, nel risolvere il contrasto giurisprudenziale insorto sull'applicazione della previsione di cui all'art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 150/2011 , hanno sottolineato che il potenziale consolidamento del rito erroneamente seguito (in conseguenza dell'errore nella scelta della forma dell'atto introduttivo) trova la sua disciplina nella disposizione del comma 5, la quale – nel sancire espressamente che "gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento" – ha ammesso una sanatoria piena degli effetti processuali e sostanziali prodotti dalla domanda originariamente proposta (secondo il rito erroneo concretamente applicato) e, quindi, ha escluso che l'errore sulla forma dell'atto introduttivo possa riflettersi sulla tempestività dell'opposizione stessa, tranne quando si siano maturate decadenze e preclusioni (che "restano ferme") secondo le norme seguite precedentemente.

Ciò comporta che la domanda giudiziale avanzata in forma non corretta (citazione anziché ricorso e viceversa) produce i suoi effetti propri, da valutare secondo il modello concretamente seguito, seppur difforme da quello legale; in particolare, le norme che disciplinano il rito seguito prima del mutamento rilevano come parametro di valutazione di legittimità dell'atto introduttivo del giudizio, nel senso che gli effetti sostanziali e processuali della domanda vanno delibati secondo il rito (erroneo) concretamente applicato sino ad allora, e non in base al diverso rito che avrebbe dovuto essere invece seguito, senza possibilità di applicare a ritroso preclusioni riconducibili al nuovo rito da seguire nel successivo corso del procedimento.

All'atto introduttivo, ancorché erroneamente individuato, va assegnata la utile e proficua produzione degli effetti processuali e sostanziali correlati al rito erroneamente prescelto, relegando l'ordinanza di mutamento del rito ad un evento successivo, valevole pro-futuro e inidoneo ad incidere ex post sulla domanda, o a convalidarne gli effetti (già realizzatisi), o ad impedire "le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento".

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come solo il deposito della citazione in opposizione era stato tardivamente effettuato rispetto al termine previsto per l'opposizione, mentre tale termine risultava essere stato rispettato in relazione al diverso momento della notifica.

Alla luce di tanto, la Corte accoglie il ricorso, cassa l'ordinanza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Benevento in persona di altro magistrato.

 

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