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Patrocinio a spese dello Stato, compenso: il giudice ha il dovere di richiedere le informazioni necessarie per la decisione

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Con l'ordinanza n. 24554 dello scorso 9 agosto, la VI sezione civile della Corte di Cassazione – pronunciandosi in materia di compensi legali per l'attività prestata in regime di patrocinio a spese dello Stato – ha cassato la sentenza di merito per non aver il giudice richiesto gli atti, documenti e informazioni necessarie ai fini della decisione ex art. 15 d.lgs. n. 150/2011.

La Corte ha specificato che "in tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato, il giudice ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, dovendo la locuzione "può" contenuta in tale norma essere intesa non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere "causa cognita", senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'opposizione presentata da un legale avverso un decreto di liquidazione dei compensi per le prestazioni professionali rese quale difensore d'ufficio in un procedimento penale di appello, ove aveva svolto attività difensiva in favore di un imputato.

Il Tribunale dell'Aquila, pur riconoscendo la debenza in favore dell'avvocato della liquidazione delle spese, diritti e onorari relativi alla procedura monitoria intentata per il recupero del credito professionale, rigettava l'opposizione in quanto l'avvocato non aveva documentato le spese che assumeva di aver sostenuto, non avendo prodotto né il decreto ingiuntivo, né l'attestazione di avvenuto pagamento della tassa di opinamento. 

Anche la Corte d'appello dell'Aquila rigettava la domanda volta ad ottenere i compensi e le spese per l'attività espletata per il tentativo di recupero, postulando una carenza probatoria derivante dall'omesso deposito del parere del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Pescara e del decreto ingiuntivo.

Il legale proponeva, quindi, ricorso in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 15 del d.lgs. n. 150/2011, rilevando come l'istanza con cui aveva chiesto la liquidazione dei compensi del difensore d'ufficio era stata corredata dal deposito dell'opinamento del COA di Pescara e dal decreto ingiuntivo, documenti sempre rimasti in deposito presso la medesima Corte di appello e che, pertanto, qualora il giudice di merito non avesse ritenuto sufficiente quanto già accertato dalla stessa Corte d'appello in sede di liquidazione, avrebbe potuto richiedere la documentazione necessaria ai fini della decisione ex art. 15 d.lgs. n. 150/2011.

La Cassazione condivide le censure sollevate dal legale.

La Corte ricorda che il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso all'ausiliario del magistrato, non è atto di impugnazione, ma atto introduttivo di un procedimento contenzioso, nel quale il giudice adito ha il potere-dovere di verificare la correttezza della liquidazione in base ai criteri legali, a prescindere dalle prospettazioni dell'istante e senza una rigida applicazione del principio dell'onere della prova. 

 Conseguentemente, in tema di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione del compenso professionale in regime di patrocinio a spese dello Stato, il giudice ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione, dovendo la locuzione "può" contenuta in tale norma essere intesa non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere "causa cognita", senza limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova.

Con specifico riferimento al caso di specie, la Cassazione rileva l'erroneità della decisione assunta dal giudice di merito il quale, pur riconoscendo il diritto del legale ai compensi per la fase di recupero espletata, disattendeva la sua domanda di liquidazione ritenendola non correttamente provata, per l'omessa produzione della documentazione attestante la richiesta di opinamento al proprio Ordine degli avvocati e la richiesta del seguente decreto ingiuntivo.

Gli Ermellini rilevano come tali documenti erano stati dall'avvocato prodotti in sede di richiesta di liquidazione dei compensi del difensore d'ufficio, e che, nel corpo dell'atto di opposizione del decreto di liquidazione, avevano formato oggetto di richiesta di produzione istruttoria innanzi alla stessa Corte d'appello di L'Aquila: conseguentemente, il giudice aveva, ex art. 15 del d.lgs. n. 150/2011, il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione.

Alla luce di tanto, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d'appello di L'Aquila in diversa composizione.

 

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