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Cartella clinica incompleta: non basta per condannare la struttura ospedaliera

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Con la pronuncia n. 29498 dello scorso 14 novembre, la III sezione civile della Corte di Cassazione, ha ritenuto non fondata la richiesta di risarcimento danni presentata dagli eredi di un uomo deceduto a seguito di un ricovero ospedaliero. Si è difatti ribadito che – pur a fronte della palese incompletezza della cartella clinica nella ricostruzione delle vicende sanitarie e nell'accertamento circa la sussistenza o meno di responsabilità dei sanitari stessi o della struttura – tale elemento non conduce automaticamente all'adempimento dell'onere probatorio da parte di chi adduce essere danneggiato.

Il caso sottoposto all'attenzione della Corte prende avvio da una richiesta di risarcimento danni, avanzata dalla vedova e dai figli di un uomo, deceduto in un ospedale, contro la struttura ospedaliera ove l'uomo era stato ricoverato per eseguire un intervento di ernia inguinale.

A sostegno della propria domanda gli attori si dolevano per la carente e inadeguata assistenza infermieristica prestata verso il loro congiunto, evidenziando come le piaghe da decubito derivate dalla c.d. sindrome da allettamento patita dal paziente a seguito dell'intervento non sarebbero state fronteggiate in modo idoneo; a tal proposito prospettavano che tali devastanti piaghe erano la causa della morte del loro congiunto, come dimostrato dallo stesso diario infermieristico, che nulla segnalava in merito agli aspetti cutanei.

Il Tribunale condannava l'Asl al risarcimento dei danni.

La Corte di Appello di Venezia, ribaltando completamente l'esito del giudizio di primo grado, escludeva qualsiasi responsabilità da parte della struttura sanitaria.

A sostegno della propria decisione, si evidenziava come la patologia patita dal paziente, non essendo stata mai riportata nella cartella clinica, non avesse natura iatrogena, ma era preesistente al ricovero. 

Avverso la sentenza proponevano ricorso per Cassazione i familiari dell'uomo, evidenziando come la Corte di Appellopresumendo che, in assenza di qualsiasi richiamo in cartella clinica, la malattia che aveva era portato alla immobilizzazione del paziente era preesistente e non iatrogena – sarebbe andata in contrasto con l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, che fa derivare, dall'incompletezza della cartella clinica, una presunzione della responsabilità dei sanitari.

A tal riguardo, i ricorrenti sostenevano che il comportamento dei medici o degli anestesisti o degli infermieri nell'operazione o nel periodo posteriore avrebbe determinato la causa del defedamento, rimasta ignota perché non descritta, per cui si sarebbe dovuto presumere il nesso causale proprio per l'incompletezza della cartella clinica.

La Cassazione ritiene che il motivo non sia fondato.

Gli Ermellini ricordano come la giurisprudenza è granitica nell'attribuire alla cartella clinica una particolare incidenza ai fini della ricostruzione delle vicende sanitarie, per evincere la sussistenza o meno di responsabilità dei sanitari; tale incidenza, tuttavia, non conduce automaticamente all'adempimento dell'onere probatorio da parte di chi adduce essere danneggiato. 

Difatti, l'eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l'esistenza di un valido nesso causale tra l'operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l'accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno.

Ne deriva che il primo elemento da vagliare ai fini della responsabilità medica è valutare se la condotta del sanitario sia astrattamente idonea alla causazione dell'evento dannoso; accertata l'astratta idoneità della condotta del sanitario, l'incompletezza della cartella deve essere tale da impedire la ricostruzione fattuale sul piano concreto, impedendo di valutare una connessione materialmente eziologica fra condotta sanitaria commissiva od omissiva ed evento: in tal modo, l' incompletezza della cartella assume valenza presuntiva che, in virtù del principio della prossimità della prova, giova al pazienze, giacché diversamente l'incompletezza verrebbe a giovare proprio al medico negligente che non abbia controllato la competenza e l'esattezza delle cartelle cliniche e dei relativi referti allegati.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini rilevano come il motivo non è pertinente con il thema decidendum , posto che i ricorrenti hanno identificato come fonte di responsabilità dei medici non la causazione della patologia, bensì il preteso difetto di assistenza in ordine alle conseguenze della patologia stessa; ne deriva che nessuna incidenza può assumere la mancata indicazione, in cartella, dell'origine della patologia.

In conclusione la Corte rigetta il ricorso compensando le spese processuali, vista la peculiarità del caso e l'assoluta difformità delle valutazioni effettuate nelle due sentenze di merito. 

 

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