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Oneri indeducibili per fatture inesistenti e onere della prova della falsità delle fatture

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Riferimenti normativi: Art.39, comma 1, D.P.R. n. 600/1973 e Art. 54, comma 2, D.P.R. n. 633/1972

Focus: Si parla di deducibilità dei costi o di oneri deducibili con riferimento a costi sostenuti dal contribuente (sia esso una persona fisica o una persona giuridica) per servizi, per acquisto di merci, per noleggio e leasing di beni sia materiali che immateriali ecc., che egli può sottrarre dal proprio reddito allo scopo di ridurre la base imponibile ai fini dell'imposizione diretta. Se in sede di accertamento fiscale vengono contestati come indeducibili dei costi e l'indeducibilità degli oneri scaturisce da fatture false chi deve dare prova della falsità delle stesse? Sul tema si è pronunciata la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Basilicata - collegio 1 - con sentenza del 02/03/2023 n. 32. 

Principi generali: La normativa tributaria, con identica formulazione ai fini delle imposte dirette (articolo 39, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973) e ai fini Iva (articolo 54, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972), stabilisce che il potere di rettifica della dichiarazione presentata dal contribuente possa essere esercitato "anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti". In tema di fatture inesistenti spetta, perciò, all'Agenzia delle Entrate provare che l'operazione commerciale fatturata non si è mai verificata, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, e la prova della falsità delle fatture può derivare anche da presunzioni, purché siano dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (Cassazione, Ordinanza n. 11624/2020). È onere del contribuente, invece, dimostrare che le operazioni siano state realmente effettuate e, quindi, la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili. Per giustificare la deducibilità degli oneri, infatti, non basta la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti poiché si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili. L'Agenzia delle Entrate nella controversia sottoposta al vaglio della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Basilicata, che si è pronunciata con la sentenza citata in premessa, aveva accertato un maggior reddito nei confronti di una società in nome collettivo che, nell'anno 2007, aveva annotato in contabilità costi che erano stati ritenuti indeducibili perché erano state utilizzate fatture per operazioni inesistenti. La società aveva impugnato detto accertamento con ricorso alla Commissione tributaria provinciale e analoghi ricorsi avevano proposto i quattro soci relativamente ai rispettivi maggiori redditi di partecipazione.

La Commissione tributaria provinciale, ricorrendo una evidente ipotesi di litisconsorzio, aveva trattato le cause simultaneamente accogliendo tutti i ricorsi con separate sentenze. L'Agenzia delle Entrate aveva impugnato dette sentenze dinanzi alla Commissione tributaria regionale per errata e parziale valutazione da parte dei giudici di primo grado degli elementi su cui si fondava l'accertamento a carico della società e dei soci. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado con la sentenza n.32/2023 ha ritenuto l'appello fondato. Si premette che gli elementi evidenziati nell'avviso di accertamento per provare l'inesistenza delle prestazioni fatturate dalla società scaturivano dall'esito delle indagini svolte dall'Ufficio nei confronti di un soggetto, che in regime di subappalto aveva effettuato prestazioni nei confronti della s.n.c., edalle dichiarazioni del subappaltatore su cui si fondava la presunzione, da parte dell'Ufficio, di gravità, precisione e concordanza, da cui quest'ultimo aveva desunto la falsità delle fatture. La Corte ha ribadito che grava sulla parte l'onere di dimostrare che le prestazioni siano state realmente fornite e che siano state fornite dal soggetto emittente. La stessa ha ritenuto che, nella fattispecie, le fatture emesse risultavano di valore del tutto inconciliabile con il volume d'affari realizzato dal soggetto fornitore, desunto dal sistema informatico dell'Amministrazione finanziaria SERPICO. Dalla limitata organizzazione aziendale del subappaltatore i giudici hanno desunto che il soggetto fornitore non aveva un'organizzazione tale, dal punto di vista tecnico, per effettuare quelle prestazioni. L'operazione descritta nei documenti è stata, perciò, ritenuta oggettivamente falsa ed il costo relativo indeducibile. Pertanto, l'appello dell'Ufficio è stato accolto. 

 

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