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Secondo l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenza del 29 marzo 2023, n. 12), l'inidoneità attitudinale sopravvenuta non rientra nelle previsioni di cui all'art. 1 D.P.R. 339 del 1982 e, di conseguenza, non da luogo al passaggio del dipendente delle Forze di Polizia ad altri ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato, ma è causa di cessazione del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 129 T.U. impiegati civili dello Stato.
Per i giudici di Palazzo Spada sussiste una sostanziale diversità tra requisito psicofisico, la cui perdita parziale legittima l'applicazione delle disposizioni relative al transito del personale della Polizia di Stato ai ruoli civili dell'amministrazione di pubblica sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato, e requisito attitudinale.
Solo il requisito psicofisico è, infatti, suscettibile di riduzione parziale idonea ad incidere sulla capacità lavorativa del soggetto; invece, l'idoneità attitudinale, non essendo null'altro che un particolare modo di atteggiarsi della personalità dell'individuo che lo rende idoneo all'espletamento di un certo tipo di lavoro, pur potendo venir meno nel corso del rapporto di lavoro, non incide sulla capacità lavorativa del soggetto, il quale conserva le stesse probabilità degli altri di rientrare in tutti i settori del mondo del lavoro (ovviamente, escluso quello per il quale ha perso l'attitudine).
Peraltro, come osservato dal giudice amministrativo, il requisito attitudinale non è suscettibile di riduzione: o c'è o non c'è; la perdita del requisito attitudinale all'attività lavorativa è, dunque, necessariamente integrale, sicché, se in caso di perdita parziale dei requisiti psicofisici si può affermare che il requisito di accesso sia mantenuto, sia pure in parte, nel corso del rapporto di lavoro, nella differente ipotesi di perdita del requisito attitudinale, tale requisito di accesso è integralmente perduto e, quindi, non è possibile la prosecuzione del rapporto lavorativo.
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Paola Mastrantonio, avvocato; amante della libertà, della musica e dei libri. Pensiero autonomo è la mia parola d'ordine, indipendenza la sintesi del mio stile di vita. Laureata in giurisprudenza nel 1997, ho inizialmente intrapreso la strada dell'insegnamento, finché, nel 2003 ho deciso di iscrivermi all'albo degli avvocati. Mi occupo prevalentemente di diritto penale. Mi sono cimentata in numerose note a sentenza, pubblicate su riviste professionali e specializzate. In una sua poesia Neruda ha scritto che muore lentamente chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno. Io sono pienamente d'accordo con lui.