Se questo sito ti piace, puoi dircelo così

Dimensione carattere: +

Reato di molestie sessuali: la possibile configurazione anche nella realtà virtuale

Schermata-2022-05-30-alle-13.25.25

Oggigiorno tutti sanno come funzionano i social network, come Facebook, Instagram e TikTok, ma non tutti sanno cos'è il Metaverso, tanto diffuso negli Stati Uniti e in Canada, e quali possono essere i risvolti giuridici di questo fenomeno nel nostro ordinamento.Il Metaverso è una realtà virtuale da condividere, cui si accede indossando dispositivi di vario tipo.

Questa consente a persone situate in ogni parte del mondo di condividere una e più esperienze, dagli spettacoli dal vivo allo sport fino alle conferenze. Inoltre, le persone interagiscono tramite avatar. Posso giocare insieme, oppure lavorare e dedicarsi a tante altre attività. Chiarito ciò, esaminiamo i reati di violenza sessuale e molestie, per capire cosa c'entrano col Metaverso e con la loro possibile configurazione in un contesto come questo, interamente virtuale. 

La violenza sessuale è sanzionata con la reclusione da 6 a 12 anni dall'art. 609-bis c.p., e consiste nella condotta di colui che con violenza, minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali. Inoltre, il comma 2 della stessa disposizione commina la medesima sanzione all'ipotesi di commissione del reato abusando dell'inferiorità psichica o fisica della vittima, o traendo quest'ultima in inganno. Il nodo cruciale ai fini della punibilità della condotta online risiede nel riferimento della norma al fatto di "compiere o subire atti sessuali", il quale potrebbe far pensare alla necessità di un contatto fisico tra l'autore e la vittima.

Peraltro, né l'art. 609-bis sulla violenza sessuale, né il successivo art. 609-ter sulle circostanze aggravanti della stessa, fanno esplicito riferimento all'ipotesi di consumazione del reato mediante strumenti elettronici. Per l'appunto, vi sono tante sentenze e una giurisprudenza consolidata che richiamano il concetto di violenza sessuale anche quando non vi è stato un vero e proprio contatto fisico diretto tra il soggetto agente e la vittima. Si può, quindi, affermare che, secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, nella violenza sessuale commessa con strumenti telematici di comunicazione a distanza, la mancanza di contatto fisico tra l'agente e la vittima non è idonea né ad escludere la commissione del reato ex art. 609-bis c.p., né a garantire il riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di minore gravità.

Quanto alle molestie, le conclusioni possono essere analoghe, seppure si tratti di una fattispecie molto diversa rispetto alla precedente. L'art. 660 c.p., infatti, punisce con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516 chi, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo. 

Dalla lettura della norma, quindi, si nota che il legislatore non ha previsto un reato autonomo di molestie sessuali, bensì un reato generico di molestia o disturbo alle persone, il quale può, a seconda delle circostanze, andare anche a minare la sfera sessuale. Il bene giuridico tutelato è, in questo caso, la tranquillità pubblica e del privato: nel primo caso, si fa riferimento al luogo in cui viene realizzata la condotta, in quanto deve essere compiuta in luogo pubblico o aperto al pubblico; nel secondo frangente, invece, rileva l'utilizzo del mezzo telefonico o di qualsiasi altro idoneo ad arrecare disturbo. In questo caso, è lo stesso legislatore a prevedere chiaramente la possibilità che il reato possa essere commesso anche a distanza.

La rilevanza penale di una condotta molesta tenuta nella realtà virtuale potrebbe essere sorretta da due argomenti distinti. Innanzi tutto, può essere presa in considerazione l'integrazione della natura pubblica o aperta al pubblico del luogo in cui avvengono gli atti incriminati.Sotto questo punto di vista, la Corte Suprema di Cassazione in una sentenza del 2014 aveva ritenuto commesso il reato di molestie, avvenuto in luogo ''virtuale'' e, quindi, aperto all'accesso di chiunque utilizzi la rete di un social network o community quale Facebook.

Quindi anche l'inserimento degli apprezzamenti sgradevoli sul profilo Facebook della vittima, o qualsiasi messaggio insistente e molesto sulla pagina del social network è idoneo a violare l'art. 660 c.p., in quanto la pagina del profilo consente un numero indeterminato di accessi e di visioni e che può essere assimilata al luogo pubblico, coerentemente con l'evoluzione che impone di adattare vecchi concetti allo stato attuale della tecnologia.

Secondariamente, le molestie ''virtuali" potrebbero trovare appiglio anche sul riferimento al mezzo telefonico o a qualunque altro idoneo a recare disturbo.Tuttavia, benché sia importante la sanzionabilità dell'illecito commesso online, la nota dolente la si può riscontrare proprio sul fatto che, come anticipato, il reato ex art. 660 c.p. si configura come un disturbo generico alla quiete pubblica o privata che non concerne specificamente la sfera sessuale.L'ordinamento italiano, nel corso degli anni, si è adeguato in vario modo all'avvento delle nuove tecnologie, tanto da un punto di vista legislativo che giurisprudenziale.

Innanzi tutto, vanno menzionate la L. 10 luglio 2019, n. 69 sul c.d. revenge porn - ossia la diffusione di materiale multimediale a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona ritratta - o la L. 29 maggio 2017, n. 71 sul cyberbullismo. Il primo intervento normativo porta con sé l'importanza di essere stato uno dei principali rappresentanti dell'esigenza di sanzionare le violazioni della privacy anche laddove vi sia la sola intenzione di fare del male alla vittima, e non necessariamente quella di ottenere un vantaggio economico.La seconda legge, invece, ha voluto rafforzare la tutela dei più giovani rispetto a quei comportamenti denigratori che dai corridoi scolastici si sono trasferiti sul web. Oggi possiamo quindi affermare che l'ordinamento giuridico del nostro Paese contiene una serie di reati volti a tutelare le persone rispetto alle condotte illecite commesse sfruttando la tecnologia. Oltre a quelli menzionati, infatti, si può citare il cyberstalking, ossia il reato di atti persecutori commessi tramite strumenti informatici o telematici ex art. 612-bis, comma 2, c.p., o la diffamazione aggravata ex art. 595, comma 3, c.p., vale a dire la lesione all'onore e alla dignità mediante mezzi di pubblicità diversi dalla stampa, ivi compresi i social network.

Come anticipato, è necessario prendere in considerazione fin da subito il fatto che, benché la piattaforma Horizon Worlds sia ad oggi limitata ai cittadini maggiorenni di Stati Uniti e Canada, anche l'Italia dovrà fare i conti con il Metaverso. Da questo punto di vista, l'ordinamento giuridico è munito di molteplici strumenti normativi e giurisprudenziali volti a tutelare le vittime di eventuali reati commessi nella realtà virtuale. Ciononostante, non si può nascondere la necessità di procedere ad ulteriori interventi. In particolare, sarebbe opportuno integrare l'art. 609-bis c.p. in materia di violenza sessuale con il riferimento espresso alle nuove tecnologie, non accontentandosi del solo lavoro interpretativo della Suprema Corte. Inoltre, sarebbe altrettanto apprezzabile un'integrazione del Codice penale con una norma ad hoc per le molestie sessuali, distinta dalla fattispecie generica dell'art. 660, sulla scia del già citato harcèlement sexuel francese. Dopodiché, una presa di posizione dell'Unione europea potrebbe essere necessaria, soprattutto alla luce del Regolamento UE 2016/679 in materia di protezione dei dati personali e del futuro Regolamento sull'intelligenza artificiale, i quali testimoniano come l'approccio finalizzato a "governare" la diffusione e l'uso delle nuove tecnologie sia solidamente continentale.

Da un punto di vista tecnico, invece, a seguito dei primi fatti illeciti commessi sulla piattaforma Horizon Worlds, Meta ha annunciato la creazione della c.d. Safe Zone. Si tratta di una sorta di ''protezione'' che gli utenti possono attivare quando si sentono minacciati, impedendo a qualsiasi altro avatar di parlare con loro o di avvicinarsi. Senza dubbio, questo sistema potrebbe aiutare le vittime a tutelarsi, ma allo stesso tempo lascia parecchie perplessità e criticità ancora da risolvere. Il Metaverso, essendo completamente virtuale, permette anche la cancellazione di un avatar, ma i traumi, come quelli subiti soprattutto da donne sul web che hanno denunciato i fatti, sopravvivono poi, inevitabilmente anche nella realtà. 

 

Tutti gli articoli pubblicati in questo portale possono essere riprodotti, in tutto o in parte, solo a condizione che sia indicata la fonte e sia, in ogni caso, riprodotto il link dell'articolo.

Sfilata del due giugno dopo due anni di stop causa...
Trasformazione da industria a abitazione senza rea...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Cerca nel sito