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Avvocati. Come è lecito esprimersi sui social network senza violare i doveri deontologici?

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Fonti: https://www.consigliodistrettuale.it/napoli/

L'avvocato può utilizzare liberamente qualsiasi strumento offerto dalla società dell'informazione per ragioni private e professionali nel rispetto dei doveri di correttezza, probità, dignità e decoro.

In particolare in relazione ai social network il Consiglio Nazionale Forense si è espresso nel senso che "Un social network può essere utilizzato tanto per messaggi a carattere strettamente personale (e quindi insindacabili anche ove contengano riferimenti alla professione), quanto per informative volte alla conoscenza presso la clientela o alla promozione del "nome" dello studio legale (e come tali sottoposte alla disciplina e vigilanza deontologiche). Ciò che va distinto a fini deontologici non è il mezzo in sé e per sé, bensì l'uso che ne viene fatto e la cerchia di destinatari che, volontariamente o meno, vengano a contatto con l'utente titolare del profilo" (CNF, parere n. 49 del 27 aprile 2011).

Vediamo i possibili limiti all'uso dei social da parte degli avvocati.

Espressioni offensive sui "social".

Innanzitutto l'avvocato deve evitare l'utilizzo di espressioni offensive. A questo proposito il Consiglio Distrettuale di Disciplina forense di Napoli ha affermato che "L'avvocato che, a mezzo delle piattaforme social, adotta nei confronti delle Istituzioni forensi e dei colleghi espressioni sconvenienti ed offensive, viola i doveri di probità, dignità, decoro, lealtà, correttezza di cui agli art. 9 e 63 CDF, nonché il dovere di collaborazione con le Istituzioni forensi di cui all'art.71 CDF. Non costituisce un'esimente la contestualizzazione di tali comportamenti nell'ambito della critica politica." (CDD Napoli, Decisione n.4 del 4.7.2019). 

 Critiche espresse sui social nei confronti delle istituzioni forensi ed i suoi rappresentanti.

Inoltre è stata sottolineata l'esigenza di porre dei limiti al modo in cui un avvocato possa esprimere la propria opinione sulle Istituzioni forensi. Questo tema è stato affrontato dal CDD di Napoli nell'ambito di un procedimento disciplinare instaurato a carico di un Avvocato che ha pubblicato un video sul social network Facebook, in cui ha utilizzato, nei confronti delle Istituzioni Forensi, le seguenti espressioni: "Cosa Nostra Forense", "la mafia dell'Ordine Forense", "la criminalità organizzata cui appartengono le Istituzioni Forensi italiane, CNF, Consigli dell'Ordine, Organismo Congressuale Forense, Cassa Forense…"

Il CDD ha precisato che la libertà di manifestare la propria opinione critica sulle Istituzioni Forensi "trova un limite invalicabile nei doveri di lealtà, correttezza e rispetto nei confronti dell'Ordine Forense e dell'Avvocatura in generale". Ne discende che la diffusione sui social networks di un pensiero critico che si manifesti con espressioni deplorevoli e accostamenti ad organizzazioni criminali che disonorano l'Avvocatura e le Istituzioni Forensi in generale integra grave violazione deontologica. Per il CDD di Napoli, infatti, se da un lato è consentito l'uso di figure retoriche, quali "l'iperbole come forma di espressione critica anche nei confronti delle Istituzioni Forensi e dei suoi rappresentanti, così come il sarcasmo e l'ironia", dall'altro "non è ammissibile l'utilizzo di accostamenti tra organizzazioni criminali ed Istituzioni Forensi - quali la Cassa Forense o il Consiglio Nazionale Forense". Ciò in quanto tali accostamenti non possono in alcun modo essere assimilati a figure iperboliche, rappresentando piuttosto un'offesa inammissibile ai valori difesi e tutelati da tali Istituzioni.

Sulla base di queste principi il CDD di Napoli ha inflitto all'incolpato la sanzione della sospensione di dodici mesi dell'attività professionale (CDD Napoli, Decisione n.37 del 19.05.2021).

 Limiti alla responsabilità disciplinare.

Diverso è il caso in cui un avvocato pubblichi sul proprio profilo social un post relativo ad un episodio realmente accaduto al quale abbia partecipato personalmente senza fare alcun riferimento a luoghi e persone al fine di interrogarsi sulla correttezza di determinati comportamenti.

Un caso di questo genere è stato esaminato dal CDD di Napoli in relazione ad un avvocato che sul proprio profilo social ha raccontato un episodio vissuto in prima persona, in cui il difensore di controparte ha partecipato all'udienza alla presenza del figlio uditore giudiziario, affidato al Magistrato titolare del giudizio. In questo post l'avvocato si è espresso interrogandosi circa le possibili implicazioni e le eventuali conseguenze di questa partecipazione.

Il CDD non ha ravvisato alcuna responsabilità disciplinare a carico dell'avvocato in quanto "il post risulta finalizzato semplicemente ad alimentare un dibattito circa l'opportunità di talune condotte, senza dar luogo ad alcun comportamento deontologicamente illecito" (CDD Napoli, Decisione n.17 del 19.02.2020).

 

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