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Notaio, S.C. precisa: è responsabile se non compie tutte le attività preparatorie al compimento delle atto

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Con sentenza n. 23182 del 27 settembre 2018, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'attività richiesta ad un notaio, sebbene quest'ultimo sia un professionista tenuto ad una prestazione di mezzi e non di risultato, non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di compilazione dell'atto, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive, necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell'atto. Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità. La vicenda ha ad oggetto la compravendita di un immobile per il quale il venditore aveva presentato una domanda di condono per il cambio di destinazione d'uso del bene da magazzino ad uso residenziale. Malgrado la richiesta di condono fosse ancora all'esame del comune, nell'atto di vendita veniva dichiarato che l'immobile rientrava già nella categoria di quelli ad uso residenziale. È accaduto che successivamente alla stipulazione della compravendita, il comune comunicava al venditore diniego di condono, sicché i compratori agivano in giudizio contro il venditore per sentir pronunciare la risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio e la restituzione del prezzo, in subordine per sentir pronunciare la riduzione del prezzo e la restituzione del maggior importo versato, oltre al risarcimento danni. Il giudizio veniva esteso anche nei confronti del notaio affinché fosse accertata la sua responsabilità professionale e la sua condanna al risarcimento dei danni. Sia in primo che in secondo grado, la domanda dei compratori veniva accolta e, in ordine alla responsabilità del notaio, i giudici affermavano che il medesimo:

  • non avrebbe potuto limitarsi a registrare passivamente la volontà delle parti;
  • avrebbe avuto l'obbligo di svolgere tutte le visure catastali, non essendo stato esonerato in tal senso dalle parti.  

E ciò ancor più perché nel caso di specie si era in presenza di una domanda di condono: domanda, questa, che avrebbe dovuto illuminare circa la condizione dell'immobile. La questione è giunta dinanzi alla Suprema Corte. Innanzitutto, appare opportuno far rilevare che l'art. 1176 c.c., con riferimento alle attività professionali, stabilisce che per il loro adempimento è richiesta una diligenza da "valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata ". Orbene, con particolare riguardo all'attività del notaio, tale disposizione va interpretata nel senso che, quando a questo professionista viene richiesta la preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento di un bene immobile, lo stesso, in virtù della diligenza richiesta dalla predetta norma, deve procedere:

  • alla preventiva verifica della libertà e disponibilità del bene;
  • alla consultazione dei registri immobiliari;
  • a informare il cliente sul'esito di tale consultazione (se, ad esempio, sono state rinvenute iscrizioni pregiudizievoli o meno);
  • a dissuadere il cliente dalla stipula dell'atto, nell'eventualità in cui sono rinvenute iscrizioni pregiudizievoli.

In buona sostanza si tratta di obblighi incombenti sul professionista, malgrado lo stesso sia tenuto ad una prestazione di mezzi e non di risultato. E ciò in considerazione del fatto che, come sostenuto dall'orientamento costante della giurisprudenza, l'attività richiesta al notaio non può limitarsi alla semplice redazione dell'atto, ma deve estendersi a tutte quelle attività, innanzi enunciate, indispensabili:

  • da un lato, a conferire all'atto finale serietà e certezza giuridica;
  • dall'altro, a rendere tale atto idoneo a perseguire il fine per cui è compiuto, coincidente con il risultato voluto dalle parti.  

Ne consegue che l'inosservanza di detti obblighi dà luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale intercorrente tra notaio e le parti, a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d'opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico (Cass., 3, n. 5946 del 15/6/1999; Cass., 3, n. 22398 del 27/10/2011; Cass., 2, n. 4427 del 2/3/2005; Cass., 2, n. 547 del 18/1/2002). Tornando al caso in esame, a parere della Corte di Cassazione, il notaio è responsabile per tale tipo di inadempimento. Infatti, egli, dinanzi ad una domanda di condono, avrebbe dovuto procedere ad un accertamento più approfondito e a dare le opportune informazioni alle parti in merito alla situazione, rifiutandosi di stipulare un atto di compravendita di immobile per uso abitativo. Il professionista, nella questione in oggetto, invece, si è limitato alla formalistica trascrizione degli estremi della domanda di condono presentata per regolarizzarne la destinazione urbanistica, ponendo in essere così una condotta omissiva illegittima. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso proposto dal notaio, confermando la responsabilità di quest'ultimo ai sensi dell'art. 1176 c.c., ossia per quanto accertato nel rogito e per tutte le attività preparatorie omesse, con particolare riguardo alle visure catastali e ipotecarie. 

 

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