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L'ombra della Colpa - Ci chiedono di applicarle le leggi ma a volte ci rendiamo conto della loro sproporzione rispetto alla realtà

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 Ad Ottavio non ho detto nulla di Agata. Lo sa già, è sicuro. Possiede una rete di ricettori invisibili dai quali apprende le notizie che riguardano la mia vita. Secondo me conosce anche il motivo della fuga di Agata ma non lo dice. Non me ne frega niente. Come si permette questa ragazza di fare così, dopo dieci anni di lavoro con me e due mesi di amore folle e suicida ? E' proprio vero come diceva mio padre, quando sostenevo che qualcuno fosse una brava persona: fino a quando non ti dimostra il contrario. Giovanni si è ambientato subito. E' un ragazzo pronto. Non gli devo spiegare le cose due volte. La prima lettera che ha scritto, l'ho rifatta da capo. Ha guardato, ha annuito, ha deglutito un poco e mi sembra abbia recepito il messaggio. Subito dopo gli ho dato da preparare una denuncia querela. Scrive bene il ragazzo. Non si perde in rivoli inutili. Dice le cose come stanno. Ha una scrittura compatta. E' un poco sgrammaticato ma si correggerà. Gli appartiene una qualità che lo farà sopravanzare rispetto agli altri: è curioso. Gli piace leggere. Gli uomini si dividono in due categorie nette: i lettori e i non. Quasi quasi me lo porto dietro il giorno della udienza disciplinare. O magari no. Ci devo pensare. Non mi piace svelare i miei affari al primo venuto. Di delusioni ne ho già subito abbastanza ma non ho voglia di tacere. Forse devo ancora farlo una volta. A cinquant'anni non si può stare in silenzio. Non è sano. Chiamo Franco e prendo appuntamento per domani. Spero di dormire questa notte senza Agata.

Dio quanto mi manca.

 C'è il sole. E' una bellissima giornata. I raggi entrano a fiotti nel corridoio dove ci troviamo ad aspettare. Vedo danzare la polvere in controluce. Siamo Franco ed io. Giovanni l'ho lasciato a casa a studiare. Gli ho detto che non potevo portarlo questa mattina. Poi gli parlerò. A cose fatte. Massimo non è venuto. Franco è più adatto a questo tipo di udienza. Prima di me c'è un altro procedimento disciplinare. Siamo due colleghi in attesa del verdetto finale. Avere un uomo come Franco al proprio fianco rilascia un blando e tranquillante effetto benefico. La sua presenza è antibiotica, contro le infezioni diffuse. Nella mia vita ho avuto la fortuna di entrare nelle grazie di colleghi più anziani di me.Non ho mai compreso come mai una fortuna simile sia capitata in sorte a me. So soltanto che poter condividere le cure, gli affanni e i pensieri con uomini più anziani mi ha sempre aiutato tantissimo. Prima o poi dovrò rendere a grazie a qualcuno per questo dono prezioso.Quando mi chiamano, smetto di sudare sotto i vestiti. Ho cercato di essere il più elegante possibile. Dentro al consiglio c'è qualche amico ma la maggior parte vorrebbero vedermi penzolare al pennone di prua della nave. L'indipendenza intellettuale, l'essere figlio di nessuno in senso professionale, l'intraprendenza e il carattere sono doti o qualità, oppure difetti, che non vengono perdonati. Franco caracolla dietro di me come una nave scuola. Se io sono un clipper, lui è un galeone con trecento cannoni a bordo pronti a far fuoco. E' serafico in ardore, come San Francesco d'Assisi. Mio padre si chiamava Francesco e lo chiamavano Franco. Il mio difensore si chiama Franco. Poi ditemi che non credete alle coincidenze. Ci sediamo e aspettiamo qualche minuto che arrivi il Procuratore. Cercano di fare i disinvolti ma li sento tesi. C'è elettricità statica nell'aria. Mi tengo in uno splendido silenzio. Franco scherza con i consiglieri dispensando qualche battuta di sapore storico. Li distrae con la sua cultura. Molti avvocati sono istruiti ma si fermano lì, non sono colti. La cultura è qualcosa di sostanziale, un quid che finisce per diventare carne della tua carne, spirito del tuo spirito, influenzando tutte le mosse. Un mio vecchio cliente diceva sempre che si può fare ogni cosa, ma con classe. Franco ne ha da vendere. E' un vecchio calciatore che ha trasformato il proprio talento naturale in mestiere puro come cristallo. E' il trionfo della tecnica giuridica. Riesce a piegare le norme al suo volere senza sforzo. E' un mago capace di modellare le memorie difensive sulla base di pochi elementi a favore che nelle sue mani si moltiplicano. Entra il Procuratore con un sorriso issato all'ultimo dente. E' gioviale. Chiede di cominciare. Gli avvocati sono ossequiosi. Il mio relatore comincia subito a leggere per non perdere tempo e per far vedere che lìsono tutti efficienti e privi di un sia pur minimo coinvolgimento. La relazione è asettica. Dice ancora una volta che non ho mai avanzato la mia versione difensiva in fase di indagini preliminariprecisando di essermi avvalso del segreto professionale. Il momento è arrivato. E' la volta del Procuratore. La mia vita dipende da quest'uomo. Dice poche cose. Va subito al punto.

"Non credo che l'Avvocato Squinzati meriti qualcosa in più di un richiamo o una censura all'interno di un procedimento del genere. In un'epoca in cui la nostra società si trova a fare i conti con i migranti ed una realtà umana di profonda sofferenza, oggi siamo a giudicare - il peso è tutto vostro signori - un uomo che ha favorito un ragazzo affamato. Mi chiedo a volte se tutto questo abbia un senso. Certo, l'avvocato Squinzati ha commesso una mancanza, una leggerezza su cui credo nessuno possa avanzare il benchè menomo dubbio: ritengo tuttavia che sia derivata da un senso di pietà e non certo dalla volontà dolosa di commettere un illecito deontologico e penale avvertito da un avvocato come qualcosa di sicuramente illecito. Ha aiutato un poverino, signori. Dura lex sed lex, ma sarebbe stato meglio assistere ad un epilogo diverso di questa storia. Le leggi non siamo noi a farle, non dimentichiamocene. A noi chiedono soltanto di applicarle anche quando ci rendiamo conto della loro sproporzione rispetto alla realtà fattuale. Il legislatore resta un'entità astratta e noi dobbiamo metterci la faccia anche quando l'azione penale non dovrebbe essere esercitata. Sapete tutti qui dentro come la pensi al riguardo.Propongo una censura e piantiamola qui".

Guarda gli avvocati negli occhi. Nessuno fiata. Tutti sanno che il Procuratore ha scritto un libro e decine di articoli scientifici in riviste di diritto criticando da sempre il carattere irretrattabile dell'azione penale. Per lui è una chimera. Sostiene da sempre che l'obbligatorietà dell'azione penale sia una balla colossale giacchè in ogni Procura – l'ha scritto nero su bianco – esistono delle scalette gerarchiche in base alle quali perseguire i reati. D'altro canto, quando in Procura certi fascicoli scompaiono sotto il manto assorbente del tempo, la prescrizione taglia la testa all'azione perchè la fa diventare improcedibile. Non credo quindi che quanto dice il Procuratore sia una sciocchezza preconfezionata apposta per me. E' un magistrato più coraggioso di tanti altri, meno perbenista e soprattutto meno ipocrita. L'ipocrisia giudiziaria ha mietuto decine di vittime.Dopo le sue parole il tempo si ferma. Non so se l'incolpato sia io o se tutti quelli che mi hanno giudicato comincino ad apparire meno convinti di avere fatto la cosa giusta nel mio caso. E' questo il messaggio. Le parole del Procuratore li hanno fatti ripiegare su loro stessi. Dopo tutta l'onta che ho dovuto sopportare sulla mia pelle in questi mesi, posso dire di aver sentito una falla aprirsi nel cielo. Gli occhi sono tutti rivolti verso il basso, come in chiesa. Qualcosa si è spezzato. Non mi sento un reietto. Il Consiglio si ritira per deliberare. Usciamo dalla stanza con Franco. Il Procuratore si intrattiene con noi due. Scherza con Franco e poi ad un certo punto si rivolge a me:" Sa quanti di quei signori lì dentro hanno fatto la stessa cosa per cui lei è incolpato oggi ? Forse tutti, o quasi. Mi dicono che lei faccia l'avvocato più che bene. Continui a fare il suo lavoro come l'ha sempre fatto. Auguri, avvocato".

Resto basito. Non mi sarei mai aspettato parole di questo genere dal Procuratore. Dopo tutte le maldicenze che mi sono piovute addosso dal mondo degli avvocati, ho ricevuto dal Procuratore parole di encomio. Franco sorride. Sornione. Hai sentito, mi dice. Sono ancora scosso dalle parole pronunciate da quest'uomo che tutti descrivono come un orco. Ha mantenuto la parola data al mio difensore, non c'è che dire. Il quadro che con qualche pennellata ha dipinto in corridoio è inaspettato. Sono talmente abituato a sentirmi la pecora nera del gregge bianco degli avvocati, che ho perso il senso delle cose.Siamo sicuri che il mio caso sia approdato sulla scrivania di Tardito per pura coincidenza ? E' un pensiero che scompagina l'ordine naturale delle cose. Come ha fatto Tardito a conoscere certi passaggi cruciali ? Soltanto Agata e io ne eravamo al corrente. Lei è scomparsa. All'improvviso. Mi viene un pensiero assurdo. No, non può essere. Mi chiamano. La camera di consiglio è terminata. Rientriamo. Sono già tutti in piedi. Leggono il verdetto. Censura. Non ho neanche il tempo di essere felice ma lo sono. Usciamo con Franco. Mi sento bene. Sono libero. Sono talmente libero che non so neanche con chi festeggiare questo mio affrancamento.

Scendo le scale. Usciamo all'aria aperta. Abbraccio Franco che se ne va via a bordo di una BMW presidenziale. Uno dei suoi avvocati gli fa da autista. Mi lascia con una stretta di mano ed un sorriso. Grazie Franco, mi hai salvato il culo e la vita.

Il sole scalda il collo. Adesso devo riprendermi la mia aula.

E tutto il tempo perso.

 La mia vita. Bella cosa. Romantica, sinusoidale, nel senso che vasu e giù in continuazione. Tra tre giorni ho l'udienza della Salmaso. Quella conclusiva sotto l'aspetto istruttorio. Il procedimento disciplinare conclusosi con una censura mi ha galvanizzato. Pensavo che gli avvocati non avrebbero avuto coraggio. Invece lo hanno mostrato. Mi sono sentito rincuorato, capito. Tutto il male che pensavo di avere commesso è stato ridimensionato. Mentre arrivo in studio vedo il mio nigeriano. E' appoggiatoal muro del negozio di alimentari di cui è diventato una sentinella. Per lui non è cambiato nulla. Per me tutto si è convertito in energia positiva. Un ragazzo così mi ha fatto comprendere che nella vita a tutte le scelte corrisponde un prezzo esattamente quantificato. Che non è mai quello che ci aspettiamo. Né quello mostrato all'inizio. Il prezzo della sofferenza, del dolore è prima di tutto un silenzio che assorda. Quando soffri, non c'è nessuno. C'avete mai fatto caso ? Siamo soli in quei momenti perfetti. Sono di una perfezione quasi geometrica perché fanno talmente male da sembrare creati da una mente cartesiana, lucida fino all'urlo finale, quello coincidente con l'acme della sofferenza e della cecità. Il buio e la disperazione sono due facce della stessa medaglia. Quando si ha paura si vede nero. Grazie a questo ragazzo sono cambiato. Per colpa mia, che avevo deciso di aiutarlo, di tendergli una mano. Forse oggi sono un uomo più completo, un avvocato che ha conosciuto l'altro lato della scrivania, quello in cui si sente colare il sudore sul collo e tutte le paure si risvegliano alla prima domanda. Non avrei mai immaginato di arrivare a tutto questo. Se mi guardo indietro, vedo un uomo come me che ha lavorato. Sempre. Quando mi sono laureato, sono partito per il militare. E' stato l'ultimo anno di ozio. Poi è cominciata la vita lavorativa e non si è più fermata. Di tanti giorni lavorati non ricordo altro se non questa avventura di sofferenza e paura. Per il resto è come se vedessi dietro e davanti agli occhi un mare fatto di melassa imbevuta della mia fatica. Le ore di fatica si sprecano. Tutti gli echi dei lavori eseguiti ad un certo punto non li senti più. Diventano uguali. Ogni processo è uguale ad un altro. Le persone – nel momento critico – ti osannano, ti baciano, ti abbracciano e poi trascolorano. E' così. Un avvocato si deve abituare ma non abbiamo mai la pelle troppo temprata per restare insensibili al fatto di finire strizzati come limoni. Sono pochi i clienti di cui serbo un ricordo positivo. Gli altri sono ombre. Alisu lo ricorderò sempre perché è rimasto uguale, nella sventura e nell'arcobaleno. Non è mai cambiato né ha mai modificato il proprio atteggiamento. C'è più bene e positività in questo ragazzo picchiato a sangue, che ha attraversato il deserto e il mare Mediterraneo senza niente se non i suoi occhi per piangere, che non in tutti i bianchi facoltosi e tirchi entrati nel mio studio con la loro spocchia a tracolla.

Forse tutti gli avvocati dovrebbero affrontare un processo per capire cosa siamo destinati a diventare dopo una vita di lavoro. Sono un avvocato spompato ma credo di avere compreso alcuni limiti. Il buio non è ancora finito ma ho sentito alitarmi addosso la paura.

La penombra che ho attraversato forse è servita a qualcosa.

 

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