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Ex conviventi, SC: “Vanno restituire le somme prestate per la costruzione della futura casa coniugale”

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Con l'ordinanza n. 24721 dello scorso 3 ottobre, la II sezione civile della Corte di Cassazione, ha accolto la richiesta di una donna che, dopo essersi separata dal compagno convivente, chiedeva la restituzione delle somme allo stesso prestate per la costruzione di quella che doveva divenire la casa familiare.

La Corte ha rimarcato come "l'ex convivente che ha versato all'altro del denaro a titolo di concorso alle spese di costruzione di quella che doveva diventare la casa familiare ha diritto al rimborso delle somme date se, terminata la convivenza, il conferimento non si concretizza nell'acquisto della proprietà del bene.".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, una donna, in vista della futura realizzazione di un immobile ad uso abitativo destinato alla convivenza con il fidanzato, prestava a quest'ultimo una somma per un importo pari alla metà dei costi di edificazione; con successiva scrittura privata l'uomo, considerato che l'immobile era stato edificato su un fondo di sua esclusiva proprietà, espressamente riconosceva alla compagna la comproprietà della costruzione per la quota del 50%.

Cessata la relazione tra i due, la donna adiva il tribunale di Sassari, chiedendo di disporre la divisione del bene o, in via subordinata, di condannare il resistente al versamento di un importo pari alla metà degli esborsi sostenuti per la realizzazione dell'edificio. 

Il Tribunale, previo rigetto della domanda volta ad accertare la comproprietà dell'immobile, riconosceva all'attrice un credito di Euro 80.233,49 a titolo di indennità da ingiustificato arricchimento.

La sentenza veniva confermata anche in secondo grado ove, tuttavia, la domanda dell'originaria attrice veniva riqualificata alla stregua di una azione personale di restituzione: in particolare, i giudici di appello ritenevano provato che la donna avesse concorso nel sostenere i costi di costruzione e che, in ragione di tanto, le spettasse il rimborso delle 50% delle somme corrisposte al resistente.

Ricorrendo in Cassazione, il proprietario del fondo censurava la decisione per aver ritenuto che la richiesta di rimborso del 50% dei costi di costruzione costituisse un'azione personale di restituzione, non considerando che la domanda, essendo stata introdotta sul presupposto della contitolarità dell'immobile ed essendo associata alla domanda di divisione, era volta ad ottenere eventuali conguagli che scaturissero dall'esito delle operazioni divisionali.

La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.

Gli Ermellini evidenziano come l'originaria attrice dopo aver rivendicato, in via principale, la comproprietà dell'immobile, chiedendo la divisione giudiziale e l'attribuzione di eventuali conguagli, aveva chiesto, in via subordinata, che le fosse comunque restituito un importo pari al 50% dei costi della costruzione, versato, per tale causale, all'ex convivente. 

In particolare, mentre la domanda volta alla divisione costituiva il presupposto indispensabile per l'eventuale attribuzione di somme a titolo di conguaglio, la subordinata domanda diretta alla restituzione degli importi aveva il precipuo fine di reintegrare il patrimonio della donna qualora non fosse stata riconosciuta la comproprietà dell'immobile e non fosse stata disposta la divisione.

I giudici di merito, con motivazione logica e congrua, hanno rilevato che l'uomo aveva ricevuto in importo pari al 50% dei costi della costruzione in vista della realizzazione della casa familiare e che, non essendosi concretizzato l'acquisto della comproprietà del bene da parte della resistente, le somme andavano restituite, in quanto indebitamente percepite: l'originaria dazione di denaro era rivolta, infatti, al solo scopo di realizzare la casa familiare, destinata a divenire comune; venuto meno il progetto di vita comune, era doveroso procedere al correlativo rimborso, ai sensi dell'art. 2033 c.c., delle somme versate a titolo di concorso nelle spese di costruzione del manufatto rimasto in proprietà esclusiva del convivente, non avendo quest'ultimo neanche provato che il pagamento fosse avvenuto per una causale (ad es. a titolo di liberalità o in virtù dei legami affettivi o di solidarietà tra i conviventi), tale da non legittimare alcuna pretesa restitutoria.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

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