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La Corte Costituzionale è intervenuta con la sentenza 183/2023 riguardo il tema dell'adozione piena ed in particolare sottolineando una importante differenza da tenere in considerazione nell'adozione delle decisioni e cioè quella tra legame giuridico e legame affettivo.
Che cosa significa?
Significa che per la Corte l'interruzione dei legami con la famiglia d'origine chiaramente indiscussa in considerazione di quanto previsto dalla Legge sull'adozione, non necessariamente deve comportare anche l'interruzione dei legami affettivi, ad esempio con i nonni.
Il giudice potrà prevedere, nell'interesse del minore, il mantenimento di alcuni rapporti importanti per il minore.
Il ragionamento della Corte si origina dalla constatazione che, con la sentenza di adozione piena non è detto che, l'interruzione delle relazioni di natura socio-affettiva con alcuni membri della famiglia di origine, sia sempre e necessariamente il preminente interesse del minore, quasi a volerne determinare una totale rinascita.
Il giudice quindi può valutare caso per caso se vi sono relazioni positive, la cui permanenza è nell'interesse del minore che anzi, al contrario, avrebbe un danno dalla loro interruzione.
Non vi è quindi una illegittimità costituzionale della nostra attuale legge sulle adozioni, ma quando nell'articolo 27 della legge 184/1983 si parla di interruzione dei rapporti con la famiglia di origine, il termine "rapporti" va interpretato nella direzione dei legami giuridico-formali di parentela, che vanno sempre interrotti, mentre, non vanno necessariamente interrotte le relazioni di natura socio-affettiva.
Orbene, approfondendo maggiormente, le ragioni che hanno determinato l'intervento della Corte, si parte da questioni di legittimità costituzionale relative all'articolo 27, terzo comma, della legge n. 184 del 1983: l'illegittimità sarebbe derivata eventualmente da una ingiustificata disparità di trattamento con l'adozione in casi particolari (art. 44 della legge n. 184 del 1983), ma trattandosi palesemente di due modelli di adozione distinti, la Corte ritiene che non vi sia ingiustificata disparità per quanto riguarda i loro diversi impatti sulle relazioni giuridico-formali come su quelle relazionali-affettive.
L'intento del legislatore allorquando ha emanato la legge 184/1983, è stato, quello di proteggere il minore da un passato doloroso allontanarlo da un certo contesto, allorquando il minore abbia vissuto una situazione di abbandono e pertanto, in tali casi si presume che costituisca l'interesse preminente l'interruzione dei rapporti giuridico-formali e quindi l'interruzione anche della relazioni di fatto con i familiari biologici.
Per la Corte, in termini del tutto generali ed astratti, tale presunzione non è irragionevole ma dettata dall'interesse di assicurare ai genitori adottivi, la massima autonomia e serenità educativa, dai quali dipende una crescita equilibrata del minore.
La cessazione delle relazioni di fatto con i componenti della famiglia d'origine, certamente sono coerenti con tale obiettivo.
Tuttavia, non esiste un divieto per il giudice di ravvisare in concreto un diverso interesse dell'adottando a mantenere quelle relazioni socio – affettive che risultino positive.
La sentenza però introduce anche un elemento di novità e cioè ove la suddetta presunzione dovesse essere interpretata in termini assoluti, sì da sottendere un divieto per il giudice di ravvisare in concreto un interesse dell'adottando a mantenere positive relazioni socio-affettive, si avrebbe un punto di rottura con i principi costituzionali posti a difesa degli interessi del minore e in specie della sua identità.
Per la Corte insiste un obbligo per gli Stati membri che è quello di 0verificare in concreto se sia nel miglior interesse del minore mantenere contatti con persone, legate o meno da un vincolo di tipo biologico, che si sono occupate di lui per un tempo sufficientemente lungo e afferma che la tutela dell'identità del minore e quindi l'interesse a preservare positive relazioni di natura affettiva non è compatibile con modelli rigidamente astratti e con presunzioni assolute che non tengono conto della complessità delle situazioni personali.
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Mi chiamo Elsa Sapienza, ho studiato legge e sono diventata avvocato nel 2008.
Da sempre appassionata del diritto di famiglia, ho compreso negli anni che non mi bastava occuparmi di studiare, interpretare ed applicare norme giuridiche, ma, nutrivo un sincero interesse verso la cura delle relazioni tra le persone. Così mi sono avvicinata sempre di più al mondo delle mediazione ed ho approfondito sempre di più le mie conoscenze in tale settore, divenendo prima mediatore familiare, poi mediatore civile e commerciale, penale e scolastico.
Ho fondato l’Associazione Logos Famiglia e Minori, oggi EOS, acronimo di educazione – orientamento – sostegno, affascinata dalla prospettiva di lavorare in sinergia con altri professionisti, offrendo un servizio a 360° alle persone bisognose di un valido supporto ed offrendo loro uno spazio – luogo dove sentirsi accolte e ascoltate attraverso un approccio multidisciplinare.
Sono avvocato specialista in diritto delle persone, delle relazioni familiari e dei minorenni, tutore e curatore speciale dei minori.
Ho frequentato il Master in Situazioni di Affido e Adozione, settore di cui mi occupo da molti anni anche grazie alle esperienze maturate all’interno del mondo dell’associazionismo. Amo fare passeggiate nei boschi soprattutto d’estate, il mare della mia splendida città e viaggiare!