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La responsabilità genitoriale è disciplinata dal codice civile da una serie di norme tra cui l'art. 316 il quale dispone che spetta a entrambi i genitori e da questi va esercitata di comune accordo, tenendo conto, delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli nel loro primario interesse.
Pertanto, i genitori devono agire secondo la personalità dei figli. In caso di contrasto tra i genitori , il codice prevede la possibilità per ciascuno di ricorrere al giudice che suggerirà i provvedimenti più opportuni e in caso di persistente contrasto indicherà il genitore cui spetta la decisione finale.
Nel caso in cui sia necessario valutare la capacità genitoriale il giudice tiene conto anche dell'impegno profuso da entrambi di garantire al minore la presenza anche dell'altra figura perché in caso contrario si lede il diritto alla bigenitorialità.
IL CASO
Il Tribunale dei minori di Lecce, toglie la responsabilità genitoriale ad una madre, decisione impugnata da quest'ultima e rigettata dalla Corte d'Appello.
In primo grado, il bambino era stato tolto dalla comunità ove si trovava e affidato al padre sotto il controllo dei servizi sociali.
Contestualmente veniva disposto un programma psicologico distinto per padre, madre e figlio e la possibilità di svolgere incontri in uno spazio neutro tra madre e figlio. Condizioni da rimodulare al compimento dei 10 anni del bambino.
Pertanto, nonostante la severità della decisione, il Tribunale tentava così di mantenere in vita il diritto alla bigenitorialità, attraverso gli incontri protetti.
Anche in secondo grado si confermano le motivazioni stabilite in primo grado, difatti viene confermato il forte condizionamento psicologico esercitato dalla madre sul figlio a causa dei comportamenti ansiosi e controllanti di quest'ultima, al contrario con il padre il rapporto appariva buono; inoltre, nel tempo, non si erano registrati miglioramenti e la donna non sembrava riuscire a riconoscere i bisogni del figlio.
In conclusione, la madre viene ritenuta affetta da un disturbo paranoide , con caratteristiche persecutorie che trasmette negativamente al figlio.
La decisione di privare la madre della responsabilità genitoriale è perciò dettata dalla necessità di tutelare il bambino e garantirgli un percorso di crescita sano ed equilibrato. Decisione momentanea poiché obiettivo del progetto che il Tribunale ha chiesto ai servizi sociali è quello di garantire al minore il diritto alla bigenitorialità, attraverso il recupero del rapporto con la madre.
In questi momento però, il quadro emerso è quello di una donna, ansiosa e controllante, che ha creato attorno al bambino un clima di negatività e sfiducia verso il mondo e il padre, provocando al minore un trauma grave. Inoltre, durante i primi gradi del giudizio la donna mostra una condotta improntata a scarsa collaborazione e anche della vicenda giudiziaria ha una visione paranoica e negativa. Pertanto, occorre contemperare l'interesse primario del minore ad una crescita sana ed equilibrata con il diritto alla bigenitorialità, e nel caso di specie, si ritiene di richiedere interventi mirati come gli incontri protetti con la madre e un percorso terapeutico.
Queste le conclusioni della Cassazione con l'ordinanza n. 19305/2022.
Quali i motivi del ricorso in Cassazione della madre?
Innanzitutto, ella contesta la valutazione della consulenza tecnica che concludeva per la diagnosi di alienazione parentale. Al contrario era stato dato per buono l'esito assolutorio del giudizio per maltrattamenti familiari a carico del padre.
La donna lamenta ancora la violazione dell'onere della prova per avere riconosciuto valore probatorio all'elaborato peritale.
Rileva poi l'omesso esame delle ragioni del rifiuto del minore verso il padre.
Ancora rileva l'omesso esame di un altro fatto e cioè dell'esame del provvedimento del tribunale ordinario da cui emerge la condotta per nulla ostruzionistica nei confronti del padre del bambino.
Infine la madre rileva il mancato rispetto di diverse regole procedurali come le riprese audio e video in sede di ascolto del minore da parte del giudice.
La Cassazione dichiara il ricorso ammissibile, ma lo rigetta per diverse ragioni.
Infondato il primo motivo del ricorso poiché il giudice, quando un genitore denuncia condotte di allontanamento da parte dell'altro genitore dal figlio minore, indicativi della PAS, è tenuto ad accertare prima di tutto la veridicità di tali comportamenti ricorrendo alle prove comuni, a prescindere dal giudizio di validità o meno di detta teoria. A rilevare è il giudizio sull'idoneità genitoriale e la capacità dei genitori di garantire al figlio la continuità nel rapporto con l'altro.
La Corte di appello inoltre ha ritenuto lineari le consulenze svolte, ove i consulenti pur escludendo un disturbo della personalità, hanno sostenuto la visione paranoide della realtà e della vicenda giudiziaria, dimostrando di non distinguere tra la realtà e la propria percezione dei fatti.
Inammissibile il secondo motivo relativo alla mancata acquisizione dei video e degli audio degli incontri protetti madre figlio perché la Corte di appello ha già affermato che la donna non ha dedotto fatti specifici in grado di metter in dubbio la genuinità delle relazioni degli addetti alla comunità.
Infondato il terzo motivo perché la Corte ha spiegato che la disfunzionalità del rapporto madre figlio era rilevabile nella incapacità della donna di dare al piccolo le necessarie sicurezze per la sua crescita. La stessa trasmetteva al minore una visione negativa del padre e sospettosa del mondo, condizionando così il piccolo, che non poteva avviarsi verso l'autonomia.
Viene sottolineata la visione trasmessa dalla madre nei primi anni di vita del minore di una realtà percepita in un modo "altamente spaventante e traumatica", per cui l'equilibrio che lo stesso deve raggiungere richiede tempo e interventi specifici. Vero che occorre riconoscere al minore il diritto alla bigenitorialità, ma proprio perché l'interesse a una crescita sana ed equilibrata è prioritario è necessario adottare le misure necessarie per tutelarlo. Nel caso di specie le decisioni prese sono state corrette e ragionevoli tanto che il bambino ha continuato a vedere la madre, seppure nel corso di incontri protetti.
Inammissibile il quarto motivo per assenza di specificità, così come è inammissibile il quinto per la novità della questione dedotta.
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Mi chiamo Elsa Sapienza, ho studiato legge e sono diventata avvocato nel 2008.
Da sempre appassionata del diritto di famiglia, ho compreso negli anni che non mi bastava occuparmi di studiare, interpretare ed applicare norme giuridiche, ma, nutrivo un sincero interesse verso la cura delle relazioni tra le persone. Così mi sono avvicinata sempre di più al mondo delle mediazione ed ho approfondito sempre di più le mie conoscenze in tale settore, divenendo prima mediatore familiare, poi mediatore civile e commerciale, penale e scolastico.
Ho fondato l’Associazione Logos Famiglia e Minori, oggi EOS, acronimo di educazione – orientamento – sostegno, affascinata dalla prospettiva di lavorare in sinergia con altri professionisti, offrendo un servizio a 360° alle persone bisognose di un valido supporto ed offrendo loro uno spazio – luogo dove sentirsi accolte e ascoltate attraverso un approccio multidisciplinare.
Sono avvocato specialista in diritto delle persone, delle relazioni familiari e dei minorenni, tutore e curatore speciale dei minori.
Ho frequentato il Master in Situazioni di Affido e Adozione, settore di cui mi occupo da molti anni anche grazie alle esperienze maturate all’interno del mondo dell’associazionismo. Amo fare passeggiate nei boschi soprattutto d’estate, il mare della mia splendida città e viaggiare!