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Con la sentenza n. 11342 depositata lo scorso 12 giugno, la I sezione civile della Corte di Cassazione, ha confermato lo stato di adottabilità di due sorelle, posto che i genitori, poco propensi ad accettare l'aiuto che era stato loro offerto, erano del tutto privi di una progettualità di coppia necessaria per superare la situazione di degrado morale e materiale riscontrata all'interno della famiglia.
Si è difatti precisato che il prioritario diritto dei minori a crescere nell'ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l'impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli e non risulti possibile prevedere con certezza l'adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatitili con l'esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica.
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dal ricorso proposto dalla Procura della Repubblica affinché fosse dichiarato lo stato di adottabilità di due bambine.
L'istanza traeva origine dal comportamento dei genitori, del tutto privi di una progettualità di coppia, incapaci di esercitare la funzione genitoriale e poco propensi ad avvalersi dell'aiuto che era stato loro offerto.
Alla luce di tanto, il Tribunale dei minori de L'Aquila dichiarava lo stato di adottabilità dei minori, affinché potessero essere accolte in un ambiente familiare che consentisse alle stesse di ricevere le necessarie cure e protezione
La decisione veniva confermata dalla Corte di Appello de L'Aquila, sulla base di una assoluta assenza di una progettualità della coppia in grado di superare la situazione di degrado morale e materiale riscontrata; a supportare la decisione, inoltre, vi era la mancanza di qualunque apporto da parte della nonna paterna e l'accertato rifiuto di avvalersi dell'aiuto che era stato offerto ai genitori.
Avverso la decisione, proponevano ricorso per Cassazione i genitori dei minori lamentandosi della circostanza per cui la motivazione della sentenza impugnata si era fondata su elementi non più attuali: la Corte d'appello non aveva tenuto in considerazione elementi decisivi, quali la partecipazione attiva dei genitori agli incontri organizzati, il fatto che la madre avesse trovato un lavoro e, in definitiva, la presa di coscienza, da parte dei genitori, degli errori passati; con queste dimenticanze la Corte aveva violato il principio per cui occorre sempre adottare tutte le misure ritenute dalla legge necessarie per favorire il rientro dei minori della famiglia di origine.
La Cassazione non condivide la posizione del ricorrente.
La Corte premette che il prioritario diritto dei minori a crescere nell'ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l'impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli e non risulti possibile prevedere con certezza l'adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatitili con l'esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica.
Ciò chiarito, con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come i genitori, con le denunce prospettate, mirano – sotto l'apparente deduzione di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio - ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito.
In particolare i ricorrenti evidenziano il mancato esame di alcuni dati, quale, ad esempio, la consulenza di parte o alcune fotografie, senza neppure curarsi di indicare in quale udienza o occasione l'avrebbero prodotte e senza, soprattutto, riuscire a dimostrarne la decisività, limitandosi ad eccepire la mera apparenza di una motivazione che le ha trascurate.
In definitiva, dalle loro censure, non emerge l'omesso esame di fatti tali da evidenziare l'intento progettuale della coppia e la loro volontà di elaborare un progetto di vita credibile per i figli.
Compiute queste precisazioni, la Cassazione rigetta il ricorso.
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