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Con la sentenza n. 782 dello scorso 21 ottobre 2019, la I sezione del Tar Liguria, chiamata a qualificare la natura di taluni interventi edilizi realizzati su un vecchio rudere, ha escluso che i lavori potessero rientrare nella categoria del restauro e risanamento conservativo.
Si è, quindi, specificato che il ricupero o la ricostruzione di un rudere è riconducibile nell'alveo della ristrutturazione edilizia, qualora sia possibile accertarne la preesistente consistenza, ovvero, in mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell'edificio da ricuperare, in quello della nuova costruzione; in nessun caso, pertanto, la ricostruzione di un rudere può rientrare nella categoria del restauro e risanamento conservativo.
Il caso sottoposto all'attenzione del Tar prende spunto dall'inizio di taluni interventi di ricupero e riqualificazione di un vetusto fabbricato, compreso in una zona assoggettata a vincolo archeologico.
Nel corso dei lavori venivano realizzati delle varianti al progetto preventivamente proposto, sicché i comproprietari presentavano al Comune una istanza di sanatoria per i successivi lavori realizzati, che avevano comportato l'innalzamento del corpo di fabbrica e la sostituzione della copertura con modifica dell'inclinazione della falda; tali opere erano rispettivamente finalizzate alla creazione di un "vuoto sanitario" sotto il pavimento ed a raggiungere il livello della gronda dell'edificio contiguo.
Il Comune rigettava l'istanza: nel preavviso di rigetto veniva evidenziato come gli interventi oggetto dell'istanza di sanatoria fossero riconducibili alla categoria della ristrutturazione edilizia; nel provvedimento di rigetto, invece, si sottolineava come, a seguito delle modifiche apportate alla sagoma dell'edificio e all'area di sedime, si fosse al cospetto di nuova costruzione, ponendosi così in violazione con le previsioni della legge regionale ligure secondo cui, nelle zone soggette a vincolo decaduto, non sono ammessi interventi eccedenti il restauro e risanamento conservativo.
I comproprietari, proponendo ricorso al Tar, eccepivano la violazione delle normative nazionali in materia edilizia, evidenziando come, in assenza di modifiche dell'area di sedime e della sagoma, l'intervento da loro realizzato, finalizzato al ricupero architettonico e funzionale di un edificio esistente, non poteva esser ricondotto alla categoria della ristrutturazione edilizia o a quella della nuova costruzione, bensì a quella del restauro e risanamento conservativo.
Il Tar non condivide le censure formulate dai ricorrenti.
Il collegio amministrativo premette come, nel caso di specie, sia del tutto pacifico che nella zona in cui è sorto l'edificio di proprietà dei ricorrenti non fossero consentiti, ai sensi della legge regionale, interventi di ristrutturazione edilizia o di nuova costruzione; altrettanto incontestato, alla luce della descrizione dello stato dei luoghi, è da ritenersi la qualificazione dell'edificio preesistente alla stregua di una costruzione in rovina, ovvero un rudere, peraltro fatiscente.
Per costante orientamento della giurisprudenza, il ricupero o la ricostruzione di un rudere è riconducibile nell'alveo della ristrutturazione edilizia, qualora sia possibile accertarne la preesistente consistenza, ovvero, in mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell'edificio da ricuperare, in quello della nuova costruzione; in nessun caso, pertanto, la ricostruzione di un rudere può rientrare nella categoria del restauro e risanamento conservativo.
Con specifico riferimento al caso di specie, le opere oggetto dell'istanza di sanatoria, pur in assenza di aumenti volumetrici, avevano sicuramente comportato incisive modifiche della sagoma dell'edificio, in ragione della modifica della copertura nonché della sopraelevazione dell'intero corpo di fabbrica: ne deriva che – in conformità con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la mancata conservazione delle caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente, tra cui la sagoma, comporta che l'intervento fuoriesca dalla categoria della ristrutturazione edilizia, configurando una nuova costruzione – correttamente le opere per cui si controverte sono state qualificate quali nuove costruzioni, in quanto tali non riconducibili alla categoria del restauro e risanamento conservativo.
In conclusione, il Tar respinge il ricorso, ritenendolo infondato.
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