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Con la sentenza n. 8325 dello scorso 21 giugno, la sezione II stralcio del Tar Lazio, nel negare un condono per la realizzazione di una piscina di grandi dimensioni realizzata in un'area vincolata per la tutela paesistico ambientale, ha chiarito in quali casi l'opera può ritenersi pertinenza o nuova costruzione.
Dopo aver premesso che la pertinenza urbanistica è configurabile quando vi sia un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione del bene accessorio ad un uso pertinenziale durevole, si è difatti specificato che "la realizzazione di una piscina deve qualificarsi quale nuova costruzione non suscettibile di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell'art. 167 d. lgs. 42/2004, essendo in grado di modificare irreversibilmente lo stato dei luoghi con diversa destinazione ed uso del suolo".
Il caso sottoposto all'attenzione del Tar, prende avvio dalla presentazione di una istanza di condono con cui i proprietari di un terreno agricolo chiedevano il rilascio di una concessione in sanatoria per la realizzazione di una piscina prefabbricata in metallo, di metri sette per quattordici, di uno spogliatoio e di locali tecnici.
Il comune respingeva l'istanza rilevando come le opere ricadessero in area vincolata per la tutela paesistico ambientale, ove era possibile realizzare, esclusivamente, costruzioni strettamente necessarie alla conduzione agricola dei suoli ed allo sviluppo delle imprese agricole.
Il comune rilevava inoltre come le opere, realizzate senza titolo abilitativo, non erano conformi alle norme urbanistiche vigenti, contrastando con l'art. 3 delle NTA della variante stralcio al PRG per le zone agricole.
Ricorrendo al Tar, i proprietari censuravano il prefato provvedimento eccependo erronea interpretazione di norme e errore sui presupposti di legge.
I ricorrenti, presupponendo l'esistenza di un rapporto pertinenziale tra le opere oggetto di richiesta di concessione in sanatoria e le altre costruzioni, ribadivano come si trattava di un intervento coerente e conforme con le norme urbanistiche vigenti, posto che non aveva determinato la creazione di superfici utili o volumi, ovvero un aumento di quelli legittimamente realizzati; a sostegno di tanto rimarcavano come l'ampio lotto, esteso per oltre tre ettari, comprendeva anche una vasta casa padronale e numerose e ampie dipendenze.
Il Tar non condivide la posizione dei ricorrenti.
In punto di diritto il Collegio Amministrativo ricorda che la pertinenza urbanistica è configurabile quando vi sia un oggettivo nesso funzionale e strumentale tra la cosa accessoria e quella principale, cioè un nesso che non consenta altro che la destinazione del bene accessorio ad un uso pertinenziale durevole, sempreché l'opera secondaria non comporti alcun maggiore carico urbanistico.
In virtù di tanto, il concetto di pertinenza urbanistica è ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa menoampio di quello definito dall'art. 817 c.c., tale da non poter consentire la realizzazione di opere soltanto perché destinate al servizio di un bene qualificato come principale.
Con specifico riferimento alla realizzazione di una piscina, la giurisprudenza ha inoltre specificato che la stessa deve qualificarsi di nuova costruzione non suscettibile di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell'art. 167 d. lgs. 42/2004, essendo in grado di modificare irreversibilmente lo stato dei luoghi con diversa destinazione ed uso del suolo.
Alla luce di tanto, in relazione al caso di specie, il Tar esclude che la piscina prefabbricata in metallo, per giunta di rilevanti dimensioni, potesse essere considerata "pertinenza urbanistica", avendo un'autonoma funzione rispetto all'edificio "principale".
In conclusione, il Tar rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite.
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