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Sono considerati strumenti tipici di tutela dell'esercizio pregiudizievole della responsabilità genitoriale: la decadenza disciplinata dall'art. 330 c.c., la limitazione ex art. 333 c.c. e l'adottabilità prevista dalla legge 184/1983 e successive modifiche.
Tali interventi sono stati da sempre adottati dal legislatore nel rispetto di una gradualità, direttamente proporzionale al grado di inidoneità genitoriale e al pregiudizio che possono comportare per il minorenne.
L'articolo 330 c.c. prevede tre categorie di comportamenti dai quali discende la possibilità da parte del giudice di pronunciare la decadenza; si tratta dei casi in cui il genitore viola o trascura i propri doveri o abusa di poteri, quando da ciò possa derivarne un grave pregiudizio per il figlio.
Nell'ambito di una valutazione complessiva che tenga conto del best interest of the child e quindi senza automatismi di alcun tipo, il giudice effettuerà tale valutazione, fermo restando che si tratta di un istituto di tipo protettivo e mai punitivo.
L'art. 333 c.c. tratta invece di una fattispecie più ampia di carattere residuale, che si verifica di fronte a comportamenti comunque violativi o omissivi del genitore con possibile pregiudizio per il figlio ed in tali casi alle volte si dispone l'allontanamento dalla residenza familiare, altre l'affidamento ai servizi sociali a solo titolo di esempio.
E' evidente che l'obiettivo deve essere sempre, quello di agire attraverso il potenziamento della genitorialità, il sostegno alle famiglie, così da tendere al pieno ripristino della responsabilità genitoriale ed al pieno recupero delle relazioni familiari.
Solo quando tutto ciò risulterà impossibile, quanto meno nei tempi necessari perché lo sviluppo del minore non ne sia compromesso, allora il giudice dovrà dichiararne l'adottabilità, avendo accertato prima lo stato di abbandono morale e materiale.
Accade quindi che, se la disfunzione a livello familiare sia tale da configurare lo stato di abbandono di cui sopra, la decadenza verrà chiusa e su richiesta del PMM ex art. 9 legge 184/1983 si aprirà un procedimento di adottabilità.
Alla luce di quanto sopra, possiamo affermare che, il fatto che i genitori siano le persone in grado di assicurare al figlio le migliori condizioni di sviluppo psicofisico è una presunzione semplice, che ammette prova contraria relativa all'inidoneità dei genitori.
Di recente è intervenuta una importante pronuncia della Sezione 1 civile della Corte di Cassazione, ordinanza 6 aprile 2023 n. 9501, che ha cassato con rinvio alla Corte d'Appello di Napoli, per un nuovo esame della questione, riguardante la decisione che confermava lo stato di adottabilità di alcuni minori pronunciato dal tribunale in primo grado.
Il giudice, nell'accertare lo stato di adottabilità di un minore, deve verificare l'effettiva ed attuale possibilità di recupero dei genitori.
Tale verifica, va estesa al nucleo familiare di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e sviluppare rapporti con il minore anche se allo stato mancanti.
L'accertamento va svolto, afferma la Corte, sia con riferimento alle condizioni economico- abitative senza però che, l'attività lavorativa svolta e il reddito percepito assumano valenza discriminatoria, sia attraverso una valutazione relativa alle condizioni psichiche anche eventualmente attraverso lo svolgimento di indagini peritali.
La dichiarazione di adottabilità è difatti sempre l'extrema ratio.
Nel caso in questione i genitori ricorrevano in Cassazione con un unico motivo di ricorso lamentando l'errore della Corte di merito che avrebbe affermato l'esistenza di uno stato di abbandono senza valutare le risultanze probatorie dalle quali risultava un forte legame affettivo e l'impegno dei ricorrenti che concretamente nonostante le difficoltà materiali si erano attivati.
Essi si erano infatti trasferiti in una nuova abitazione più grande, avevano sanato la morosità, ricercato nuove e redditizie attività lavorative per sostenere la famiglia e svolto con impegno i percorsi a sostegno della genitorialità loro prescritti.
Il giudizio svolto era stato quindi formulato sulla base prevalentemente di quanto accaduto in passato, allorquando i servizi avevano constatato uno stato di indigenza.
Pertanto, necessario a questo punto un nuovo rigoroso accertamento sia sotto l'aspetto della privazione morale e materiale che della irreversibilità ed irrecuperabilità della situazione.
L'articolo 1 della legge 184/1983, nel testo novellato dalla legge n. 149/2001, afferma che il minore ha il diritto di crescere nell'ambito della propria famiglia d'origine e tale enunciato oltre ad avere carattere prioritario, va garantito anche attraverso la predisposizione di interventi diretti a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare.
Da ciò deriva che, il compito del servizio sociale non è solo quello di rilevare le insufficienze in atto del nucleo familiare, ma soprattutto di concorrere con interventi di sostegno a rimuoverle ove possibile.
Inoltre, lo stato di abbandono ricorre in presenza di rifiuto ostinato a collaborare con i servizi e quando a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico- fisico, cosicché la rescissione del legame familiare sia l'unico strumento che possa evitargli un grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva (Cassazione 2011) .
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Mi chiamo Elsa Sapienza, ho studiato legge e sono diventata avvocato nel 2008.
Da sempre appassionata del diritto di famiglia, ho compreso negli anni che non mi bastava occuparmi di studiare, interpretare ed applicare norme giuridiche, ma, nutrivo un sincero interesse verso la cura delle relazioni tra le persone. Così mi sono avvicinata sempre di più al mondo delle mediazione ed ho approfondito sempre di più le mie conoscenze in tale settore, divenendo prima mediatore familiare, poi mediatore civile e commerciale, penale e scolastico.
Ho fondato l’Associazione Logos Famiglia e Minori, oggi EOS, acronimo di educazione – orientamento – sostegno, affascinata dalla prospettiva di lavorare in sinergia con altri professionisti, offrendo un servizio a 360° alle persone bisognose di un valido supporto ed offrendo loro uno spazio – luogo dove sentirsi accolte e ascoltate attraverso un approccio multidisciplinare.
Sono avvocato specialista in diritto delle persone, delle relazioni familiari e dei minorenni, tutore e curatore speciale dei minori.
Ho frequentato il Master in Situazioni di Affido e Adozione, settore di cui mi occupo da molti anni anche grazie alle esperienze maturate all’interno del mondo dell’associazionismo. Amo fare passeggiate nei boschi soprattutto d’estate, il mare della mia splendida città e viaggiare!