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Con la sentenza n. 8086 dello scorso 25 febbraio, la IV sezione penale della Cassazione, ha confermato la condanna per omicidio colposo inflitta ad un medico che, dopo aver prescritto dei farmaci ritenuti pericolosi per la salute, non aveva effettuato controlli costanti sul paziente poi deceduto, specificando che "il medico non va esente da colpa se ometta un'attenta valutazione e comparazione degli effetti positivi del farmaco rispetto ai possibili effetti negativi gravi ed ometta il costante controllo, nel corso della cura, delle condizioni del paziente".
Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti di un diabetologo, imputato del reato di cui all'art. 589 c.p. per la morte di una sua paziente alla quale aveva prescritto la fendimetrazina nonostante il divieto introdotto dal D.M. del 24/01/2000 e, comunque, violando le disposizioni contenute nel D.M. 18/09/1997 in punto di durata del trattamento farmacologico (prescrivibile per un periodo non superiore a tre mesi).
In particolare, il medicoveniva ritenuto colpevole perché, all'esito dell'istruttoria, era emerso che aveva prescritto il farmaco pur conoscendo i rischi che lo stesso poteva comportare (tra cui l'aumento della pressione arteriosa, sia diastolica che sistolica, oltre che effetti anoresizzanti, dopanti e tossici) e per aver somministrato alla paziente, unitamente alla fendimetrazina, altre sostanze farmacologicamente attive senza considerare lo stato psico-fisico della paziente ed omettendo di acquisire le informazioni amnestiche e di disporre accertamenti clinici strumentali per valutare l'opportunità del trattamento farmacologico prescritto.
Valorizzando le emergenze istruttorie e le perizie espletate, sia il Tribunale che Corte di Appello di Roma lo dichiaravano colpevole del reato a lui ascritto e per l'effetto lo condannavano alla pena di anni due di reclusione nonché al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite.
Il sanitario ricorreva in Cassazione eccependo falsa e/o erronea applicazione dell'art. 589 c.p., con riferimento alla colpa, anche rispetto al canone dell'«oltre ogni ragionevole dubbio», non potendo il decesso considerarsi prevedibile.
In particolare, secondo l'imputato, non vi era certa segnalazione che facesse ritenere la fendimetrazina pericolosa per la salute: la stessa Corte di appello ne avrebbe dedotto la pericolosità all'esito di una mera analogia con altre sostanze dello stesso tipo ritenute pericolose, così ignorando come la pericolosità generica alcuna valenza potrebbe avere ai fini della responsabilità penale, laddove, invece, assume rilievo solo la concreta idoneità del farmaco a provocare la morte.
Analogamente, non vi era certezza circa una maggiore pericolosità del farmaco a causa di un prolungamento della sua somministrazione oltre il periodo indicato dal D.M. e, ad ogni modo, il diabetologo ignorava che la paziente stesse ancora assumendo il farmaco atteso che il suo piano terapeutico e anche la disponibilità delle capsule sarebbero dovuto cessare tempo prima.
La Cassazione non condivide le doglianze del ricorrente, ritenendo – di contro – che nel caso di specie siano presenti tutti gli elementi della colpa, a iniziare dalla prevedibilità dell'evento.
Difatti, la pericolosità della fendimetrazina era stata rappresentata nei decreti ministeriali che, nel corso degli anni, avevano dettato limiti e divieti nella prescrizione e nella preparazione di prodotti a base di questa sostanza: l'evento, dunque, ha costituito la concretizzazione del rischio che la cautela era chiamata a governare.
Nessuna valenza ha la doglianza secondo cui gli studi scientifici si erano basati sulla pericolosità di altri farmaci contenenti lo stesso principio attivo, posto che, ai fini dell'addebito, non si richiede che la prevedibilità riguardi la configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più dettagliate articolazioni ma la classe di eventi in cui quello oggetto del processo si colloca: per la configurabilità del rimprovero è infatti sufficiente che la connessione tra la violazione delle prescrizioni recate delle norme cautelari e l'evento sia percepibile, riconoscibile dal soggetto chiamato a governare la situazione rischiosa.
Con specifico riferimento al caso di specie, l'evento era prevedibile dal sanitario non solo in ragione dell'anzidetta pericolosità del farmaco ma anche dalla presenza nella paziente di fattori di rischio che aumentavano la possibilità di insorgenza di effetti collaterali, anche mortali, derivanti dall'assunzione dei farmaci prescritti.
Gli Ermellini, inoltre, reputano sussistente anche il requisito inerente all'evitabilità dell'evento essendo stato accertato dalla Corte di Merito che il camice bianco non aveva effettuato alcun controllo periodico delle condizioni di salute della donna, al fine di verificare l'eventuale esistenza di fattori sconsiglianti il piano terapeutico somministrato: se si fossero effettuati siffatti accertamenti periodici, l'evento si sarebbe evitato.
In virtù di tanto, la Cassazione conferma la sentenza di condanna, posto che il medico non va esente da colpa se ometta un'attenta valutazione e comparazione degli effetti positivi del farmaco rispetto ai possibili effetti negativi gravi ed ometta il costante controllo, nel corso della cura, delle condizioni del paziente.
Il ricorso viene rigettato, con condanna dell'imputato al pagamento delle spese di lite.
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