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La Procura generale di Bologna ritiene errata la sentenza emessa dalla Corte d'Assise d'Appello del capoluogo emiliano che ha ridotto da 30 a 16 anni la pena per l'omicida reo confesso di Olga Matei, con la quale lo stesso assassino coltivava una relazione da circa un mese. Come ormai noto, nella sentenza del collegio di secondo grado, erano state concesse a Michele Castaldo, l'omicida, le attenuanti generiche, fondate sia sulla la sua confessione dei fatti, sia su una rimeditazione della condotta che l'aveva portato al proposito di risarcire, per come possibile, le figlie della donna, sia dalla "tempesta emotiva" causata a lui da precedenti esperienze. Tali circostanze, che non erano state riconosciute in primo grado, pur controbilanciate dalle aggravanti rappresentate dai motivi futili e abietti del crimine, avevano di fatto condotto la Corte territoriale a determinare la pena in 16 anni partendo da una base di 24 anni, ridotta per effetto della scelta del rito abbreviato, che, come noto, consente automaticamente un abbattimento della sanzione penale pari ad un terzo.
Argomentazioni, che tuttavia non hanno affatto convinto l'ufficio giudiziario guidato dal pg Ignazio De Francisci che pochi minuti fa ha esternato il proposito di chiedere alla Suprema Corte di valutare la correttezza dei principi espressi, che, da indiscrezioni, si concentreranno soprattutto sull'attribuzione all'imputato dei benefici sopra richiamati legate alle attenuanti.
"La gelosia non è stata considerata motivo di attenuazione del trattamento, anzi, al contrario, motivo di aggravamento in quanto integrante l'aggravante dell'avere agito per motivi abietti-futili (e ciò con ampia e convinta motivazione, che occupa due pagine fitte di motivazione)". Sono parole del presidente della Corte di appello di Bologna Giuseppe Colonna, che, di fronte al clamore suscitato dalla sentenza nell'opinione pubblica e alla critica di numerosi esponenti di governo, parlamentari, giuristi i rappresentanti di associazioni femminili, ha ritenuto di intervenire per fornire alcuni chiarimenti "tecnici" sulla sentenza. "La misura della responsabilità (sotto il profilo del dolo) era comunque condizionata dalle infelici esperienze di vita, affettiva, pregressa dell'imputato, che in passato avevano comportato anche la necessità di cure psichiatriche, che avevano amplificato il suo timore di abbandono". "Questo è il dato rilevante al di là della frase, che è comunque tratta testualmente dal perito: 'soverchiante tempesta emotiva e passionale'". Inoltre, secondo il presidente Colonna, determinante è stata, ai fini della concessione delle attenuanti, la "immediata e spontanea confessione" e il fatto che l'imputato "seppur in forma incompleta, ha tentato di iniziare a risarcire la figlia della vittima".
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