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Con la sentenza n. 23133 dello scorso 19 agosto in materia di patrocinio a spese dello Stato, la II sezione civile della Corte di Cassazione ha ritenuto illegittimo il diniego espresso da un Tribunale di liquidare le voci inerenti la redazione di talune istanze – proposte da un legale per conto del cliente sorvegliato speciale - di autorizzazione ad allontanarsi dal Comune, solo perché le stesse potevano anche essere redatte e presentate direttamente dall'interessato, sicché non erano riconducibili ad una attività difensiva.
Si è difatti specificato che "in virtù dei principi costituzionali in tema di diritto di difesa, la disciplina del patrocinio a spese dello Stato vada estesa anche ai procedimenti in cui l'assistenza tecnica del difensore non è prevista dalla legge come obbligatoria".
Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, un legale assumeva la difesa di un uomo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con divieto di allontanamento dal Comune di dimora, avanzando una serie di istanze di autorizzazione ad allontanarsi dal proprio domicilio.
Il Tribunale, nel liquidare i compensi maturati per l'attività svolta dal legale in regime di patrocinio a spese dello Stato, escludeva il rimborso delle spese sostenute per la proposizione di siffatte istanze.
L'avvocato proponeva opposizione contro il decreto di liquidazione dei compensi professionali.
Il Tribunale di Bologna rigettava l'opposizione sul presupposto che le richieste di allontanamento dal domicilio, potendo essere redatte e presentate anche personalmente dall'interessato, non erano riconducibili ad una attività difensiva.
Il legale, ricorrendo in Cassazione, censurava l'illegittimità del provvedimento per violazione e falsa applicazione degli articoli 75, 80 e 82 del D.P.R. 115/2002, per aver il giudice rigettato la richiesta di liquidazione delle spese sostenute per la proposizione delle istanze di autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio.
La Cassazione condivide le doglianze del ricorrente.
In punto di diritto, la Corte rimarca come, in virtù dei principi costituzionali in tema di diritto di difesa, la disciplina del patrocinio a spese dello Stato vada estesa anche ai procedimenti in cui l'assistenza tecnica del difensore non è prevista dalla legge come obbligatoria.
Anche la volontà del legislatore milita in tal senso, posto che, ai sensi del comma 2 del D.P.R. n. 115/2002, la disciplina del patrocinio si applica, in quanto compatibile, anche nella fase dell'esecuzione, nel processo di revisione, nei processi di revocazione e opposizione di terzo, nei processi relativi all'applicazione di misure di sicurezza, di prevenzione e nei processi di competenza del tribunale di sorveglianza, sempre che "l'interessato debba o possa essere assistito da un difensore o da un consulente tecnico": con tale locuzione si chiarisce che le disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato assicurano la difesa alle persone non abbienti non solo nel caso in cui la presenza del difensore sia imposta dal tipo di procedimento, ma anche nei casi in cui essa dipenda dalla scelta dell'interessato.
Tale conclusione appare coerente con la finalità stessa dell'istituto del patrocinio a spese dello Stato, che è volto ad assicurare alle persone non abbienti l'accesso alla tutela offerta dalla giurisdizione in modo pieno e consapevole, potendo anche, nel caso in cui la parte possa stare in giudizio personalmente, avvalersi della consulenza ed assistenza tecnica di un avvocato al fine di tutelare nel modo ritenuto più adeguato i propri interessi e diritti.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come le istanze di autorizzazione erano state avanzate dall'avvocato nell'ambito di un procedimento di sorveglianza speciale, su richiesta del proprio cliente che, indiscutibilmente, aveva il diritto di rivolgersi ad un professionista per il compimento di tali attività che poteva compiere anche personalmente.
Ne deriva il palese errore compiuto dal Tribunale allorquando ha negato la liquidazione delle voci inerenti la redazione delle richieste volte ad autorizzare il cliente ad allontanarsi dal Comune, solo perché le stesse potevano anche essere redatte e presentate direttamente dall'interessato, sicché non erano riconducibili ad una attività difensiva.
La Cassazione rileva che siffatta scelta si appalesa incoerente se si considera che la redazione di richiesta di riesame o dell'appello da parte del difensore nel processo penale rappresenta una vera e propria attività difensiva sebbene si tratti di attività consentita anche all'imputato personalmente dal codice di procedura penale.
In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Bologna in persona di diverso magistrato.
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