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Cassata la sentenza che nega il compenso al difensore per la brevità della durata dell’udienza penale

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 A conclusione dell'udienza preliminare, definitasi con il rinvio a giudizio del proprio assistito ammesso al patrocinio a spese dello Stato, il difensore richiedeva la liquidazione del proprio compenso secondo i parametri e i criteri previsti dall'art. 12, comma 3, lett. d) del d.m. n. 55 del 2014.

Il GUP emetteva l'apposito decreto liquidando al difensore il compenso professionale maturato con la somma di euro 270,00 oltre accessori di legge.

Avverso tale decisione il difensore proponeva opposizione avanti al Tribunale di Parma che confermava il decreto di liquidazione impugnato condividendo, "la mancata considerazione, ai fini della liquidazione, della fase decisionale."

 

A questo punto l'avvocato decide di ricorrere in Cassazione incentrando sull'unico motivo le proprie difese, con il quale ha lamentato la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 12, comma 3, lett. d) del d.m. n. 55 del 2014, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.. censurando l'ordinanza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha motivato la propria decisione sul rilievo che nell'udienza preliminare non si era svolta una vera e propria discussione ma solo "un simulacro di discussione, durato pochi secondi, in quanto le parti hanno rinviato ogni questione controversa alla apposita sede dibattimentale".

 Motivi della decisone

I giudici della Sesta Sezione hanno ritenuto assolutamente fondato il ricorso proposto dall'avvocato in quanto l'art. 12, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore per le prestazioni professionali rese nel giudizio penale, tiene conto, tra l'altro del tempo necessario all'espletamento delle attività difensive ma unicamente ai fini della quantificazione del compenso conseguentemente maturato. Per tale motivo non si può in alcun modo negare al difensore la liquidazione del proprio compenso in ragione della asserita brevità temporale di esecuzione della prestazione professionale. Il Tribunale pertanto ha errato nel motivare il mancato riconoscimento del compenso per la fase decisoria nel corso dell'udienza preliminare sul presupposto che l'udienza era durata solo dieci minuti e che non vi era stata alcuna seria discussione.

Con l'ordinanza n.18791 pubblicata il 10 settembre 2020, la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione ha pertanto annullato l'ordinanza emessa dal Tribunale di Parma disponendo il rinvio per un nuovo esame.

Alla luce di quanto pronunciato dalla Suprema Corte e in considerazione che purtroppo si verificano di continuo casi di mancato riconoscimento del giusto compenso agli avvocati da parte dei giudici di merito, viene da chiedersi: ma questi giudici che per la loro superficialità si rendono responsabili di ritardi e lungaggini che a volte comportano anche danni all'erario per le continue condanne alle spese legali del Ministero della Giustizia, saranno mai chiamati a rispondere di tutto questo?

Sia allega il testo integrale dell'ordinanza della VI Sezione Civile della Cassazione.

 

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