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Marchio forte, contraffazione se quello successivo riproduce parte nucleo atta ad orientare scelte potenziali acquirenti

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Con ordinanza n. 26000 del 17 ottobre 2018, la Corte di Cassazione, ha stabilito che, in materia di contraffazione di un marchio forte, una volta che il giudice di merito constata una somiglianza tra quest'ultimo ed un altro sospettato di contraffazione deve, per escludere l'illecito, i) accertare che detta somiglianza non riguardi il nucleo ideologico caratterizzante il messaggio, ii) valutare la sussistenza o meno dell'affinità tra i prodotti ed iii) apprezzare il rischio di associazione. Ma vediamo nel dettaglio il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità. La ricorrente lamenta la registrazione e l'utilizzazione da parte della società convenuta in giudizio di un marchio simile al proprio e pertanto ne ha chiesto la nullità, unitamente all'accertamento della contraffazione con condanna al risarcimento dei danni, sia per il rischio di confusione che per violazione della disciplina del marchio rinomato. È accaduto che sia in primo grado che in appello, le domande della ricorrente sono state rigettate. In particolare, la Corte territoriale ha escluso la confondibilità tra il marchio della ricorrente e quello della controparte sulla considerazione che quest'ultimo, pur evocando sfacciatamente il simbolo del primo, ne richiama le fattezze impiegando lettere diverse e con un'impronta generale non graficamente sovrapponibile, con varianti che non possono sfuggire ai clienti della rinomata casa. A parere dei Giudici d'appello, in buona sostanza, i due marchi sono comparabili per qualità e quello della società convenuta è un segno distintivo che, sfruttando la celebrità altrui, la esalta senza svilirla.Di diverso avviso è la Suprema Corte di Cassazione. Quest'ultima, innanzitutto, parte da quanto appurato nei gradi di giudizio precedenti, ossia che il marchio della ricorrente è un marchio forte. Detto questo, appare evidente che esso risulta assistito dalla più rigorosa tutela in materia, secondo cui tutte le variazioni di tale marchio, anche rilevanti, sono illegittime se lasciano inalterato il nucleo ideologico che riassume l'attitudine individualizzante del segno (Cass. n.5091/2000, Cass. n.1413/1995, Cass. n.5924/1996), giacché anche lievi modificazioni, che il marchio debole deve invece tollerare, condurrebbero al risultato di pregiudicare il risultato conseguibile con l'uso del marchio. 

In tali casi, i Giudici, per appurare se esiste un rischio di confusione tra segni distintivi simili, deve:

  • compiere un esame dei marchi in conflitto in via globale e sintetica (Cass. n.15840/2015; Cass. n.3118/2015; Cass. n.1906/2010; Cass. n.4405/2006; Cass. n. 21086/2005);
  • prendere in considerazione gli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti;
  • eseguire un raffronto tra il marchio che il consumatore guarda e il mero ricorso mnemonico dell'altro marchio (Cass. n. 4405/2006).

Se da tale esame, emerge che le variazioni apportate ad un segno distintivo lasciano intatta l'identità del nucleo ideologico del marchio forte, esse devono ritenersi inidonee ad escludere la confondibilità occorrendo, a tal fine, sempre verificare se vi sia stata "appropriazione del nucleo centrale dell'ideativo messaggio individualizzante del marchio anteriore e forte, con riproduzione od imitazione di esso nella parte atta ad orientare le scelte dei potenziali acquirenti" (Cass. n. 18920/2004). Inoltre, secondo la Corte di Cassazione, la valutazione in questione deve tener conto anche della "facilità con cui il segno può essere associato al marchio anteriore e forte, in particolare, della notorietà di quest'ultimo sul mercato. Infatti, più il marchio è noto, maggiore sarà il numero di operatori che vorrà utilizzare segni simili. La presenza sul mercato di una grande quantità di prodotti coperti da segni simili potrebbe ledere il marchio forte in quanto rischia di diminuire il suo carattere distintivo e di mettere in pericolo la sua funzione essenziale, che è di garantire ai consumatori la provenienza dei prodotti di cui trattasi" (Corte di Giustizia, sentenza 10/4/2008, causa C-102/07, punto 35-36). 

Ne consegue che, laddove venga constata una somiglianza tra un marchio forte ed un altro sospettato di contraffazione, non può essere escluso l'illecito senza:

  • accertare la somiglianza tra i nuclei ideologici;
  • valutare l'affinità tra i prodotti;
  • apprezzare il rischio di associazione.

Orbene, tornando al caso in esame, a parere dei Giudici di legittimità, tale accertamento è mancato e sebbene sia stato appurato, nei gradi precedenti di giudizio, che il marchio della ricorrente è un marchio forte che gode di notorietà e che la società convenuta si sia ispirata a tale marchio, nella consapevolezza di offrire prodotti per valore e qualità sicuramente inferiori, la sentenza d'appello ha omesso di illustrare i motivi per i quali la condotta di detta società non integri il rischio di confusione e di associazione nei consumatori. Infatti, la Corte territoriale, secondo la Cassazione, ha trascurato di valutare il fatto "che più l'evocazione del marchio anteriore ad opera del marchio posteriore è immediata e forte, più aumenta il rischio che l'uso attuale o futuro del marchio posteriore tragga un vantaggio indebito dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi pregiudizio", (Corte di Giustizia, sentenza C-252/07, punto 67; sentenza del 3/9/2015-C-125/14, punto 33). E ciò in considerazione di quanto statuito dal combinato disposto degli arrt. 12.1 e) e 20.1 c) del c.p.i. che hanno dato attuazione agli artt. 4, n. 4, lett. a), e 5, n. 2 della Direttiva 89/104/CEE, (Direttiva oggi sostituita dalla Direttiva 2008/95/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 che, per quanto interessa, non presenta modifiche), secondo cui il marchio anteriore gode della più ampia tutela (anche ultramerceologica) quando i ) il marchio di impresa successivo è identico o simile a detto marchio anteriore, ii) il marchio di impresa successivo è identico ed è destinato ad essere registrato o è stato registrato per prodotti o servizi non sono simili a quelli per cui è registrato il marchio di impresa anteriore, iii) il marchio di impresa anteriore gode di notorietà nello Stato membro in questione e l'uso del marchio di impresa successivo senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa anteriore o recherebbe pregiudizio. Sulla base di tali considerazioni, pertanto, i Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d'Appello per il riesame della questione. 

 

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