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Malasanità: struttura ospedaliera e medico responsabili se non provano di aver operato correttamente

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Con la pronuncia n. 8964 dello scorso 22 giugno, il Tribunale di Taranto ha accolto la domanda di risarcimento danni formulata da un paziente per la negligente prestazione resa in occasione di un intervento chirurgico di correzione di valgismo all'alluce destro, dichiarando la corresponsabilità della struttura ospedaliera e del medico chirurgo per non aver gli stessi provato di aver adempiuto con perizia e diligenza la propria obbligazione, effettuando correttamente l'atto operatorio.

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tribunale, un uomo citava in giudizio un ospedale ed un chirurgo, chiedendone la condanna in solido al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a seguito dell'intervento chirurgico di correzione di valgismo all'alluce destro.

L'attore deduceva di essersi già sottoposto, sempre presso la stessa clinica e ad opera del medesimo chirurgo, a un precedente intervento analogo due anni prima; tale intervento solo parzialmente era riuscito, così si procedeva a un nuovo intervento di correzione del valgismo dell'alluce destro.

All'esito della CTU espletata nel corso del giudizio ed alla luce della documentazione prodotta, si accertava la correttezza della scelta degli interventi da effettuare, che erano stati preceduti da adeguati accertamenti radiografici. 

Il consulente, tuttavia, per l'assenza di documentazione clinica relativa al post-operatorio, gravato da complicanze infettive successivamente curate presso altra struttura pubblica, non era in grado di attestare la corretta esecuzione dell'intervento eseguito; piuttosto, a fronte di esami radiografici successivi – che evidenziavano inequivocamente la presenza di significative alterazioni morfostrutturali dei metatarsi, incompatibili con un intervento correttivo eseguito correttamente – il ctu concludeva come il paziente presentasse postumi da ritenersi diversi e peggiorativi rispetto a quelli normalmente ricollegabili ad un trattamento correttamente praticato.

Accertate tali premesse in fatto, in punto di diritto il giudice ricorda come la responsabilità della struttura sanitaria ha natura contrattuale, in quanto l'accettazione del paziente comporta la conclusione di un contratto atipico (c.d. contratto di spedalità o di assistenza sanitaria), da cui sorgono a carico della struttura sanitaria, accanto a obblighi di tipo lato sensu alberghieri, quelli di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie a garantire il buon esito degli interventi e la ottimale gestione di eventuali complicazioni od emergenze. In particolare, la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti dal paziente può conseguire sia all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico (ai sensi dell'art. 1218 c.c.) sia all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario e rientrante nella sua organizzazione aziendale, non rilevando la circostanza che il sanitario risulti essere "di fiducia" dello stesso paziente o comunque dal medesimo scelto, quale suo ausiliario necessario ( ai sensi dell'art. 1228 c.c.). 

Quanto alla responsabilità del medico, il Tribunale ricorda che il sanitario, pur non essendo tenuto a garantire il risultato, deve nondimeno garantire – ai sensi e per gli effetti degli artt. 1176 e 2236 c.c. – la diligenza richiesta per la specifica attività esercitata, con il dovuto rispetto degli accorgimenti e delle regole tecniche obiettivamente connesse all'esercizio della professione, ivi inclusa la perizia.

In relazione alla ripartizione dell'onere della prova, l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare il contratto, l'aggravamento di una patologia o l'insorgenza di una affezione, nonché il relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, allegando l'inadempimento (c.d. qualificato) del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato; la struttura sanitaria e il medico, quale debitori convenuti, sono invece gravati dell'onere di dimostrare il fatto estintivo, costituito dall'avvenuto esatto adempimento, ovvero che, pur sussistendo inadempimento, esso non sia stato eziologicamente rilevante in ordine al verificarsi del dedotto evento dannoso, ovvero che gli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile a lui non imputabile.

Con specifico riferimento al caso di specie, rimasta incontestata la costituzione del rapporto contrattuale, i convenuti non hanno assolto all'onere della prova su di essi gravante, in quanto non hanno dimostrato di aver adempiuto con perizia e diligenza la propria obbligazione, effettuando correttamente l'atto operatorio in questione.

Al contrario, dalle risultanze dell'espletata ctu è emersa la responsabilità del medico operante, che operò con imperizia e negligenza, sia nella esecuzione dell'atto chirurgico sia nelle cure prestate successivamente, con conseguenti esiti peggiorativi in rapporto ai risultati attesi dopo un intervento di correzione della deformità in valgismo dell'alluce esente dalle descritte evenienze sfavorevoli.

Pertanto, il Giudice dichiara la corresponsabilità della struttura ospedaliera del medico chirurgo nella produzione dell'evento lesivo e procede alla liquidazione del danno non patrimoniale sofferto. 

 

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