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Limite di velocità, SC: “ Se lo si supera, anche di poco, si è sempre colpevoli”

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Con l'ordinanza n. 3698 depositata ieri, la VI sezione civile della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul comportamento colposo di un conducente che superava il limite di velocità prescritto di pochi chilometri orari, ha confermato la legittimità della sanzione irrogata posto che non è possibile escludere la colpa dell'automobilista, il quale, per condurre un'auto, deve possedere specifiche cognizioni e ben conoscere la normativa di riferimento.

Sul merito della questione si era pronunciato, inizialmente, il Giudice di Pace di Isernia che – adito da un soggetto multato per aver superato, con la propria autovettura, il limite di velocità prescritto – accoglieva l'opposizione avverso il verbale con cui si contestava la violazione di cui all'art. 142 del codice della strada.

Il Tribunale di Isernia, rigettato l'appello proposto dal Comune, confermava la sentenza del giudice di prime cure affermando, tra l'altro, che l'opponente aveva superato il limite di velocità di soli Km/h 17, eccedenza da ritenersi veramente minima sia in senso assoluto che relativo; il Giudicante, inoltre, giustificava il comportamento dell'automobilista, sostenendo come non si fosse assolutamente in presenza di una condotta colpevole, posto che non è possibile pretendere che il conducente debba tenere il tachimetro sott'occhio costantemente, anzi non deve farlo. 

Contro siffatta decisione, proponeva ricorso per Cassazione il Comune, denunciando violazione degli articoli 2697 c.c., art. 4 del D.L. 121/2002, art. 2 del D.M. 15.8.2007, art. 83 del regolamento di esecuzione del codice della strada, art. 3 della legge 689/81, nonché omessa motivazione su punto decisivo inerente all'accertamento della colpa.

La Cassazione condivide le doglianze del ricorrente, evidenziando come la sentenza impugnata, pur ammettendo la violazione, abbia apoditticamente escluso la colpa.

Ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela della vita umana, il primo comma dell'art. 142 del codice della strada fissa le diverse velocità massime consentite in ciascun tipo di strada; il comma 7 e seguenti del medesimo articolo quantifica la sanzione amministrativa dovuta da colui il quale non osserva i limiti massimi di velocità, prevedendo il pagamento di una somma di denaro che cresce proporzionalmente a seconda di quanti km/h si è superato il limite massimo consentito.

La sanzione amministrativa, tuttavia, non scatta automaticamente al superamento del limite di velocità, essendo di contro necessario che la violazione sia quantomeno posta in essere con colpa (art. 3 legge 689/81).

Sul punto la giurisprudenza ha chiarito che grava sul trasgressore l'onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza (Cass. 18.4.2018 n.9546, Cass.11.6.2007 n. 13610) e che siffatto accertamento necessita di una verifica in concreto. 

Sussistendo, infatti, la presunzione di colpa, non è possibile escluderla utilizzando affermazioni generiche, quali quelle contenute nella sentenza impugnata, ove – sul presupposto che non è possibile pretendere che il conducente debba tenere il tachimetro sott'occhio costantemente, anzi non deve farlo – apoditticamente si è ritenuta l'assenza di colpa.

Gli Ermellini specificano che, in tema di illecito amministrativo, è possibile escludere la coscienza e volontà della violazione quando l'interpretazione di norme generi, in astratto, un incolpevole errore sul fatto e sui presupposti della violazione, sempre che il soggetto che cada in errore sia persona inesperta che, con errore incolpevole, ritenga di agire lecitamente.

È essenziale, quindi, valutare le condizioni soggettive dell'autore dell'illecito ai fini della valutazione della colpa, posto che l'ignoranza – e, quindi, la violazione incolpevole – può valere solo per chi versa in condizioni soggettive d'inferiorità (C. Costituzionale sentenza n. 364/1988).

Con specifico riferimento al caso di specie, il trasgressore, per andare esente da sanzione, avrebbe dovuto provare di non essere in colpa, ovvero di versare in una condizione soggettiva d'inferiorità tale da non rendersi conto che, superando la velocità prescritta, stava compiendo un'infrazione.

Siffatta prova, secondo la Cassazione, è impossibile raggiungerla nel caso di specie posto che l'automobilista, per condurre un veicolo, deve necessariamente possedere specifiche cognizioni e realizzare tutti quei comportamenti che concretamente attuano le prescrizioni legislative, tra cui rispettare i limiti di velocità prescritti.

Alla luce di siffatte contingenze, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Isernia, in persona di altro Magistrato, anche per le spese del giudizio. 

 

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