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"Allora, signor Torregrossa" – esclamò la dottoressa Boschi al termine della sua esposizione – "Ha compreso bene l'accusa che le viene mossa? Vuole confessare?
"Non ho nulla da confessare", disse Marco dopo qualche attimo di esitazione.
"Ne è sicuro?", insistette il pubblico ministero.
"Non ho fatto niente!", confermò il giovane in tono stavolta più deciso.
"Allora come spiega la sua presenza nell'appartamento della signora Tassi proprio all'ora del suo decesso?"
"Scusi dottoressa" – intervenni – "Ma è stata già raggiunta una qualche certezza sull'ora esatta del decesso?"
"Approssimativamente sì" – rispose la Boschi – "Anche se andranno effettuate indagini più approfondite. Allora Torregrossa, cosa ci dice?"
"Ero uscito da casa per andare all'università" – cominciò Marco a raccontare – "Giunto davanti all'appartamento di Federica, ho visto che la porta era aperta e ho sentito che... dall'interno provenivano dei gemiti."
L'esitazione di Marco era dovuta alla discussione che avevamo avuto in studio un paio d'ore prima, quando gli avevo spiegato che la sua condotta era tanto più grave e tanto più sospetta, proprio perché sosteneva di essere entrato in casa di Federica quando la ragazza era ancora viva. In ogni caso, Marco aveva deciso di seguire il mio consiglio e di dire la verità.
"La sua storia mi sembra alquanto fantasiosa" – commentò la Boschi assorta – "Comunque vada avanti."
"Può credere ciò che vuole" – rispose lui combattivo – "Ma quella che le sto raccontando è la pura verità!"
"Lasciamo stare i melodrammi per cortesia!" – lo apostrofò il magistrato –"Mi dica piuttosto cosa è accaduto una volta entrato nell'appartamento."
"Ho visto Federica stesa per terra in una pozza di sangue."
"Era viva?"
"Credo di sì. Anzi sì, era viva."
"Domandava aiuto?"
"No. Si lamentava. Cercava di parlare, ma non ci riusciva."
"E lei che cosa ha fatto?"
"Mi sono avvicinato"
"Per quale motivo?"
"Non lo so... Volevo... Non so, volevo... controllare."
"Controllare che cosa, scusi?"
"Non lo so. So soltanto che lì per lì mi è sembrata la cosa giusta da fare."
"L'ha toccata?"
"Assolutamente no."
A quella risposta, trasalii. A noi aveva detto di essersi avvicinato e di aver toccato il volto della ragazza, sia pure in modo lieve, quasi sfiorandolo. Non capivo perché Marco – dopo essersi scrupolosamente attenuto alla decisione di dire sempre la verità – avesse deciso di deviare dal percorso prestabilito, raccontando al pubblico ministero una cosa non vera, o quanto meno diversa da quella che aveva raccontato a noi. Comunque, non potevo farci nulla. Nel corso dell'interrogatorio – al contrario di ciò che si vede nei film – all'avvocato non è consentito interloquire, anzi gli è addirittura vietato fare qualsiasi cenno, men che meno di assenso o di approvazione per la risposta fornita.
"Così lei sostiene di non aver toccato Federica Tassi?"
"Lo ripeto: non l'ho toccata."
"Ne è sicuro?"
"Sì."
A quel punto, mi ero ormai convinto che il pubblico ministero sapesse cose che noi non sapevamo e che non avremmo potuto sapere fino alla fine delle indagini preliminari, quando gli elementi di prova raccolti sarebbero stati finalmente svelati anche alla difesa dell'indagato. Guardai Patrizia e la sorpresi a fissarmi. Era chiaro che anche lei doveva aver avuto la mia stessa intuizione.
"Perché non ha avvertito i soccorsi o la polizia?"
"Ho avuto paura e poi... Federica era ormai morta."
"Scusi come fa a sapere che era morta? È forse un medico? Lei ha cognizioni di medicina? Come può affermare che la ragazza fosse morta se poco fa ha ammesso di non averla nemmeno toccata? Cos'è, lei è forse dotato di poteri soprannaturali o divinatori?"
La Boschi stava cominciando ad andarci giù pesante, tradendo il suo nervosismo. Era evidente che si era convinta della colpevolezza di Marco e si stava preparando a sferrare l'attacco finale che, almeno nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto farlo capitolare.
Non potevamo fare più di tanto. Forse avremmo potuto chiedere al pubblico ministero di moderarsi, ma sarebbe servito a poco.
"Dove ha nascosto l'arma del delitto?", esclamò all'improvviso la Boschi.
"Quale arma scusi...", balbettò confuso Marco.
"Non faccia finta di non capire!" – gridò il magistrato – "E mi dica dove ha nascosto l'arma con cui ha ucciso Federica Tassi!"
"Ma di cosa sta parlando?", chiese il giovane girandosi verso di me. Era ormai entrato in confusione e non sapevo cosa sarebbe successo. Speravo solo di terminare l'interrogatorio con il minor numero possibile di danni.
"Guardi me e non il suo avvocato e mi risponda!", continuò a gridare la Boschi.
A quel punto, Patrizia decise giustamente di intervenire.
"Dottoressa, mi scusi!" – s'intromise con un certo piglio – "Ma questo non mi sembra un modo consono di procedere."
Consono, pensai dentro di me. Tipico termine alla Patrizia, il più adatto in quella circostanza.
"Ha ragione, chiedo scusa" – ammise inaspettatamente la Boschi – "Non volevo essere troppo aggressiva, ma esigo delle risposte precise."
Brava Patrizia. Aveva fatto quello che avrei dovuto fare io.
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