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La prescrizione dei contributi, rivelabile d'ufficio, è un danno sia per l'ente previdenziale che per l'iscritto

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La sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 27950/18, depositata il 31ottobre, è stata accolta dagli iscritti con molto entusiasmo. 

La pronuncia. Con tale arresto la Suprema Corte, nella ormai nota vicenda Poseidone, ha affermato, per quanto riguarda la Gestione Speciale INPS:
- che in tema di contributi cd. "a percentuale", il fatto costitutivo dell'obbligazione contributiva è costituito dall'avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito;
- che la decorrenza del termine di prescrizione parte dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa;
- che la dichiarazione dei redditi, quale dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo in quanto il fatto costitutivo resta la produzione di reddito rilevante ai sensi di legge;
- che tra il momento di esigibilità del credito e il successivo momento in cui intervenga la dichiarazione dei redditi o comunque accertamento tributario, munito di valenza anche previdenziale, quella che si determina è una difficoltà di mero fatto rispetto all'accertamento del diritto contributivo;
- che l'impossibilità di far valere il diritto è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolano l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto;
- che dunque il termine di avvio della prescrizione non può essere ancorato al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Per legge, art. 3, comma 9, l. n. 335/1995, i contributi prescritti non possono essere versati dall'iscritto e non possono essere ricevuti dall'Ente di previdenza.
La prescrizione crea quindi un danno bifronte: un danno per l'Ente di previdenza, che non può incassare la contribuzione previdenziale prescritta, ma anche un danno per l'iscritto, che non può giovarsi di annualità di contribuzione che sarebbero stati utili agli effetti sia della data del pensionamento che del quantum pensionistico.

Osservazioni. Chi studia previdenza deve saper alzare lo sguardo oltre il quotidiano per guardare in avanti.
Mi rendo conto che è difficile soprattutto in questi tempi dove per molti il lavoro è povertà; ma questo null'altro è se non un ulteriore campanello d'allarme sulle criticità dell'attuale sistema previdenziale dei professionisti che andrebbe integralmente riformato per rispondere alle necessità di oggi e di domani che non corrispondono più a quelle di ieri.
Nella vicenda Poseidone capisco però la resistenza degli iscritti con la proposizione, tra gli altri motivi, anche dell'eccezione di prescrizione.
Questo perché, in base alla legge attuale, non è possibile la ricongiunzione da Gestione Speciale INPS alle Casse di previdenza, mentre è possibile il contrario.
Con l'operazione Poseidone gli iscritti avrebbero costituito presso la Gestione stessa una posizione previdenziale fine a se stessa e, con ogni probabilità, salva l'ipotesi del cumulo gratuito, se percorribile, destinata a rimanere silente o, meglio, a rimpinguare semplicemente le Casse dell'INPS.
La questione doveva essere affrontata in un tavolo tecnico dall'INPS e dalle Casse di previdenza per trovare una soluzione che consentisse agli iscritti di salvaguardare la loro posizione contributiva.
Si è "giocato" invece allo scaricabarile demandando la soluzione, come quasi sempre, alla Magistratura la quale, pressata fra due fuochi, ha scelto la via della prescrizione dopo aver affermato, in precedenti pronunce, il fondamento delle richieste dell'INPS.
La questione tornerà a breve all'esame della Suprema Corte che mi auguro vorrà affrontare e risolvere la questione nel merito e questo proprio per salvaguardare la posizione previdenziale degli iscritti.
Da ultimo ricordo che per Cassa Forense il termine di decorrenza della prescrizione non può coincidere con l'anno al quale i contributi si riferiscono, bensì con il giorno in cui è stata eseguita la comunicazione obbligatoria ai sensi dell'art. 17 l. n. 576/1980.

 

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