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Il “poderoso” Decreto Liquidità

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Annunci e numeri importanti hanno accompagnato la presentazione del Decreto Legge n. 23 dell'08 aprile 2020, il cosiddetto "Decreto liquidità", ma entrando nel merito del "nero su bianco", ovvero su quanto effettivamente scritto in Gazzetta Ufficiale, si osserva che, rispetto a quanto era già stato approvato con una comunicazione decisamente più sobria, in occasione del decreto Cura Italia, non ci sono novità determinanti per le PMI.

Se da un lato infatti, si parla di un provvedimento capace di movimentare liquidità per 400 miliardi, di cui 200 espressamente richiamati dalla norma che affida a SACE il ruolo di garante dei finanziamenti per la grande impresa, oltre che per le PMI che abbiano esaurito il loro plafond sul Fondo centrale di garanzia, è evidentemente che nelle novità introdotte al consolidato meccanismo del Fondo centrale di garanzia per le PMI vanno ricercati gli altri 200 miliardi.

In merito, confrontando quanto già era stato approvato con il decreto Cura Italia, il D.L n. 18 del 17 marzo 2020 e quanto sarebbe stato nuovamente approvato con il decreto liquidità, si stenta a trovare, pur nell'oggettivo ampliamento e potenziamento dell'istituto, quei profili di "poderosa" novità tanto strombazzata.

Per le micro imprese compaiono  le richieste di finanziamento fino a 25.000 euro – fatto presente però che, per i soggetti con ricavi o compensi inferiori a 100.000 euro, l'importo massimo è inferiore, perché non può mai superare il 25% del fatturato -; per tali finanziamenti il decreto liquidità prevede la garanzia dello Stato al 100% e l'automaticità dell'erogazione senza valutazione del merito creditizio. Si osserva che tale norma non rappresenta una novità: prima del decreto liquidità infatti, la garanzia dello Stato su questi finanziamenti poteva arrivare all'80% e al 90% per gli interventi di riassicurazione - ex art. 49 del decreto Cura Italia -, mentre la disapplicazione del modello di valutazione risulta già prevista fin dall'anno 2017 e nello specifico dall'art. 6 comma 2 lett. d) del D.M. 6 marzo 2017.

Per le PMI, e dunque per le richieste di finanziamento tra 25.000 e 800.000 euro da parte delle aziende con un volume d'affari fino a €. 3.200.000,00 il decreto liquidità consente di arrivare al 100% di garanzia sommando alla garanzia statale quella concessa dai Confidi o da altri soggetti abilitati al rilascio di garanzie. Anche qui nulla di nuovo. Prima del decreto liquidità, la garanzia dello Stato su questi prestiti poteva arrivare all'80% e al 90% per gli interventi di riassicurazione - sempre ex art. 49 del decreto Cura Italia - e la novità dunque consiste essenzialmente nella possibilità di aggiungere alla garanzia statale quella extra-statale del 10%, ovviamente sempre se concessa.

Fatti salvi i casi particolari suddetti, il decreto liquidità prevede la garanzia dello Stato al 90% e al 100% per gli interventi di riassicurazione, subordinatamente all'autorizzazione della Commissione europea. Fino a detta autorizzazione, valgono le percentuali dell'80% e del 90% già approvate in occasione del decreto Cura Italia sempre dall'art. 49.

La novità più rilevante, - finalmente – si osserva per le imprese con un numero di dipendenti fino a 499, per cui il decreto liquidità costituisce una oggettiva e rilevante novità, andandole a ricomprendere nella platea dei potenziali beneficiari delle garanzie del Fondo - sino ad oggi limitato alle imprese fino a 250 dipendenti; per tali aziende il reale valore aggiunto del decreto liquidità, rispetto alla disciplina previgente e alle implementazioni che già erano state introdotte con l'art. 49 del decreto Cura Italia; per queste grandi imprese la novità è sicuramente apprezzabile, ma certamente molto lontana dal poter far prevedere che la loro introduzione possa determinare una erogazione di 200 miliardi di liquidità aggiuntiva rispetto a quella che sarebbe stata fruibile dalle PMI in assenza del decreto medesimo.

Ricordiamo oltretutto che stiamo parlando di indebitamento, di debiti, di prestiti da restituire con interessi, anche se calcolati con un tasso agevolato ridotto. Le aziende hanno l'obbligo di prestare attenzione. Moltissimi imprenditori che valuteranno con favore la propria posizione anche grazie alle norme introdotte dal D.L. n. 23/2020, porterà gli stessi a sperare che le nuove linee di credito siano la cura sufficiente per superare la crisi; è proprio questo il momento di drizzare le antenne perché la situazione potrebbe, invece, risultare assai differente qualora l'impresa anziché guarire manifesti sintomi di aggravamento.

Inoltre per quelle imprese che sin d'ora si trovano di difficoltà, e in base alle complesse previsioni del mercato, complicato dal Covid-19 e dal lockdown, siano già nella possibilità di ponderare una timida ripresa del proprio settore, ricorrere a finanziamenti privilegiati per fare fronte a debiti chirografari determinerà un duplice rischio: da una parte la possibilità di aggravare il dissesto e commettere pagamenti preferenziali in violazione della par condicio creditorum, dall'altra creare condizioni che non permetteranno di attivare ed utilizzare strumenti di composizione della crisi quali il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Partecipare alla corsa all'indebitamento promessa dal D.L Liquidità richiede dunque un'attenta e preventiva valutazione delle condizioni di equilibrio e ritorno alla normalità dell'impresa, e valutare l'effettiva capacità di rimborsare i nuovi debiti contratti aggiunti ai preesistenti la crisi.

Meditate contribuenti, meditate, ed ovviamente, restiamo tutti a casa.

 

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