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L'intervento del terzo per ordine del giudice nel processo civile: quando e perché è disposto?

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Inquadramento normativo: Art. 107 c.p.c.

L'intervento del terzo per ordine del giudice: «Il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l'intervento».

La ratio di detto intervento si rinviene nel fatto che si intende estendere gli effetti sostanziali del giudicato al terzo. In buona sostanza in riferimento a quest'ultimo il rapporto sostanziale controverso è comune o connesso per titolo o per oggetto (Cass. civ., n. 20124/2014). L'ordine della chiamata del terzo da parte del giudice, ad esempio, viene disposto quando a seguito delle difese svolte dal convenuto, quest'ultimo, contesta la propria legittimazione passiva, indicando il terzo come responsabile della pretesa fatta valere in giudizio. In questo caso ricorre l'ipotesi di chiamata in causa "iussu iudicis e non di litisconsorzio necessario, perché l'intervento del terzo risponde a esigenze di economia processuale (comunanza di causa), discrezionalmente valutate sotto il profilo dell'opportunità (Cass. Civ., n. 6837/2016, richiamata da Tribunale Palermo, sentenza 22 marzo 2017).

Intervento iussu iudicis e ragioni di opportunità processuale: L'intervento per ordine del giudice o iussu iudicis si differenzia da quello su istanza di parte in quanto il primo viene determinato da ragioni di opportunità processuale e dall'esigenza di evitare giudicati contraddittori. Ne discende che tale intervento non può essere ordinato per disporre l'integrazione del contraddittorio in caso di litisconsorzio necessario. In quest'ultima ipotesi, infatti, si potrà ricorrere all'art. 102 c.p.c. (Tribunale L'Aquila, sentenza 6 dicembre 2008). 

Intervento del terzo su ordine del giudice e ampliamento soggettivo e oggettivo nel processo: «L'intervento iussu iudicis incide [...] sul processo determinandone un ampliamento non solo soggettivo, ma anche oggettivo, e pertanto va coniugato e armonizzato con il principio della domanda» (Tribunale L'Aquila, sentenza 6 dicembre 2008).

L'intervento del terzo per ordine del giudice e l'impugnazione della sentenza: L'intervento del terzo iussu iudicis determina una situazione di litisconsorzio necessario cd. "processuale". Tale situazione non può essere cambiata per effetto di un diverso apprezzamento del giudice dell'impugnazione, salva l'estromissione del chiamato con la sentenza di merito. Ne consegue che il terzo, ove non sia stato estromesso nel giudizio di secondo grado:

  • deve partecipare al giudizio di secondo grado. In mancanza si configura una violazione dell'art. 331 c.p.c., rilevabile anche d'ufficio nel giudizio di legittimità (Cass. nn. 3717/010, 22419/08, richiamate da Cass. civ., n. 9131/2016);
  • «è sempre legittimato a proporre impugnazione incidentale adesiva a quella principale o incidentale della parte (attore o convenuto), per evitare che il giudicato sul detto rapporto possa produrre effetti pregiudizievoli su quello a esso connesso, intercorrente tra lui e la parte al cui gravame aderisce; egli può, invece, impugnare la sentenza, in via principale o in via incidentale autonoma, nella sola ipotesi in cui sia risultato in tutto o in parte soccombente, rispetto alle proprie conclusioni, formulate in modo autonomo, ovvero a pretese fatte valere direttamente contro di lui» (Cass. civ., n. 20124/2014).

Sebbene tale chiamata per ordine del giudice impone la presenza in causa del terzo anche nei successivi gradi di giudizio, a tale soggetto non si estendono automaticamente le domande e le conclusioni formulate nei confronti di altri soggetti processuali. Perché ci sia la su citata estensione è necessaria un'espressa manifestazione di volontà in tal senso (Cass. n. 2901/2008, richiamata da Cass. civ., n. 4724/2019). Per tale manifestazione di volontà non esiste un termine entro cui effettuarla dal momento che l'ordine di chiamata iussu iudicis può essere disposto "in ogni momento" (Cass. civ., n. 4724/2019).

Opposizione di terzo e intervento iussu iudicis: L'opposizione ordinaria di terzo di cui all'art. 404, comma 1, c.p.c., costituisce un'impugnazione della decisione contro la quale è proposta. Essa comporta la necessaria presenza in causa di tutte le parti del giudizio nel quale è stata emessa la decisione impugnata (Cass. nn. 6416/1998; 8103/1997, richiamate da Cass. civ., n. 21641/2019). Orbene, tale principio va coordinato con la natura del diritto (autonomo e incompatibile) che il terzo, con prevalenza rispetto a quello risultante dalla sentenza impugnata, ha fatto valere (Cass. n. 9083/2001, richiamata da Cass. civ., n. 21641/2019): «con la conseguenza che, ove l'accertamento di tale diritto deve (o è opportuno che avvenga) nei confronti di altri soggetti, il giudice deve (o, rispettivamente, può) disporre», a seconda dei casi, o l'integrazione del contraddittorio o l'ordine di intervento del terzo, consentendo la partecipazione di detti soggetti al procedimento di opposizione. E ciò a prescindere dal fatto che gli stessi non siano già stati parte del giudizio precedente ( Cass. civ., n. 21641/2019). 

 

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