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Dovere di mantenimento e figlio economicamente indipendente.

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 Con ordinanza n. 31670/2023 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla permanenza o meno del dovere di mantenere il figlio economicamente indipendente.

La vicenda ha inizio dalla pronuncia della Corte d'Appello di Brescia che con decisione n. 441/2021, poi impugnata dinanzi al Giudice di legittimità, respingeva la richiesta di revisione dell'assegno divorzile avanzata dal coniuge beneficiario, rilevando che doveva ritenersi superato il criterio volto a garantire al coniuge meno abbiente il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in pendenza di matrimonio.

Occorre però considerare la necessità che il giudice riscontri, a fronte dell'asserita inadeguatezza dei mezzi del beneficiario dell'assegno, anche l'impossibilita di procurarseli per ragioni obiettive, anche in considerazione delle potenzialità professionali e reddituali dell'ex coniuge, che devono essere valorizzate con una condotta attiva improntata ai principi di autodeterminazione e autoresponsabilità.

 Afferma quindi il Giudice di secondo grado, che, l'ex coniuge è dunque tenuto, dopo lo scioglimento del matrimonio a utilizzare tutte le proprie potenzialità con una condotta attiva, senza assumere un atteggiamento deresponsabilizzante e attendista, proprio di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l'esito della fine della vita matrimoniale.

Dopo aver esposto tale principio la Corte territoriale, esamina anche la posizione del figlio convivente con l'ex coniuge, spiegando che lo stesso, nel caso di specie, non potesse ritenersi economicamente indipendente e che quindi dovesse continuare a beneficiare del contributo economico finalizzato al proprio mantenimento.

 Tale ragionamento vale pur svolgendo un'attività lavorativa, non essendo tale impiego sufficiente a garantirne l'indipendenza economica.

Sul punto la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi in ordine alla legittimità della scelta adottata dal Giudice distrettuale, ha affermato che le prove fornite nell'ambito del giudizio di merito avevano dimostrato che il figlio, in qualità di igienista dentale, era in possesso delle capacità e dei requisiti necessari per lavorare.

Inoltre, egli viveva altrove e tali circostanze, si pongono in contrasto con quanto individuato dal Giudice di secondo grado che aveva ritenuto non vi fosse prova che il giovane fosse economicamente indipendente.

Pertanto, il Giudice conclude esprimendo un giudizio d'inammissibilità del ricorso presentato dall'ex coniuge, dal momento che evidenzia criticità in punto di diritto che si fondano non sugli accertamenti in fatto compiuti dai giudici, ma sulle differenti tesi sostenute dall'odierno ricorrente e non condivise dalla Corte di merito.

Il ricorso è pertanto inammissibile, in quanto basato su un motivo di ricorso per cassazione con cui si deduce, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così, da realizzare un terzo grado di merito ovviamente non consentito. 

 

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