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Delimitazione di garages con paletti in ferro: basta una SCIA

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 Con la sentenza n. 298/2021, la II sezione distaccata del Tar Campania, sede di Salerno, ha dichiarato l' illegittimità di un'ordinanza con cui si disponeva la demolizione di taluni paletti realizzati con ferro infisso nel suolo per delimitare lo spazio antistante ad un garage.

Il Collegio ha statuito che "non è necessario il permesso per costruire per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo ius excludendi alios o comunque la delimitazione e l'assetto delle singole proprietà".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un uomo presentava una DIA per l'installazione, nell'area pertinenziale di una sua proprietà, di 8 paletti rimovibili, realizzati con ferro tubolare infissi al suolo senza calcestruzzo per delimitare lo spazio antistante ai locali garages; i paletti venivano montati in sostituzione di alcuni installati precedentemente che, a seguito di danneggiamenti, erano stati rimossi.

Stante l'assenza di un permesso per costruire, il Comune ingiungeva la sospensione dei lavori avviati e, successivamente, intimava la rimozione delle suddette opere nonché il ripristino dello status quo ante.

Ricorrendo al Tar, il ricorrente impugnava l'ordinanza eccependo violazione di legge ed eccesso di potere, rimarcando come l'ordinanza dovesse considerarsi illegittima in quanto incidente su una tipologia di attività edilizia, che, per la sua configurazione strutturale e funzionale, non necessitava di alcun titolo abilitativo.



Alla luce di tanto, il proprietario del garage censurava l'operato comunale repressivo, per il fatto di incidere su opere, la cui realizzazione abusiva non era suscettibile di essere colpita con interventi invasivi, quali quello demolitorio, non essendoci i presupposti legalmente tipizzati dall'art. 31, sulla base dell'assunta natura pertinenziale di tali opere. 

Il Tar condivide la posizione del ricorrente.

Secondo il collegio, difatti, l'ordinanza demolitoria è illegittima, essendo stata adottata in carenza dei presupposti di cui all' art. 31 del DPR n. 380/2001, posto che la grave sanzione demolitoria ivi contemplata è comminabile esclusivamente a fronte di un abuso edilizio particolarmente grave, ovvero nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire (quale un intervento edilizio radicalmente nuovo e prima non esistente sul territorio) oppure in totale difformità dal permesso di costruire, o in caso di opere che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso ovvero qualora l'opera sia tale, per dimensioni e consistenza, da snaturare le caratteristiche dell'edificio originario.

 Ne deriva, con specifico riferimento alla realizzazione di opere di recinzione, che la valutazione in ordine alla necessità della concessione edilizia va effettuata sulla scorta dei seguenti parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione.

Non è necessario, dunque, il permesso per costruire per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno, in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo ius excludendi alios o comunque la delimitazione e l'assetto delle singole proprietà; occorre, invece, il permesso, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica, incidendo esso in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio.

Con specifico riferimento al caso di specie, il Tar rileva come i manufatti oggetto dell'ordinanza di demolizione, per la loro caratterizzazione strutturale e funzionale, nonché per i loro aspetti dimensionali e volumetrici, non presentano i tratti qualificanti degli interventi sia di nuova costruzione sia della ristrutturazione edilizia. Secondo il Collegio, difatti, le opere in questione rientrano tra quelle di cui alla lett. c) dell'art. 3 del DPR 380/2001, ovvero degli interventi di restauro e risanamento conservativo, sub specie di "inserimento di elementi accessori", assentibili con una SCIA ex art. 22, la cui mancanza non è sanzionabile, in quanto tale, con interventi invasivi di tipo ripristinatorio e demolitorio, bensì con rimedi di natura pecuniaria di cui all' art. 37 DPR 380/2001.

Pertanto, il Tar accoglie il ricorso, annulla il provvedimento impugnato e condanna il Comune alla refusione delle spese di lite in favore della ricorrente.

 

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