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Fonte: www.consiglionazionaleforense.it/
Il Consiglio Nazionale Forense ha escluso che il consenso della cliente costituisca un'esimente rispetto alla violazione del divieto previsto dall'art. 34 CDF – relativo all'azione contro il cliente e la parte assistita per il pagamento del compenso – il quale ha natura inderogabile e non è soggetto ad alcuna forma di disponibilità da parte dei soggetti destinatari (CNF, sentenza n.290 del 5 luglio 2024).
I fatti del procedimento disciplinare
Alcuni avvocati di uno studio legale sono stati sanzionati dal CDD per aver violato l'art. 34 del nuovo CDF che impone all'avvocato che intenda agire giudizialmente nei confronti del cliente o della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, la rinuncia a tutti gli incarichi ricevuti e prevede l'applicazione della sanzione disciplinare della censura in caso di violazione della norma.
I suddetti avvocati, infatti, dopo aver ottenuto contro la cliente un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e la successiva iscrizione di ipoteca giudiziaria, hanno continuato ad assistere la medesima cliente in diversi procedimenti civili e penali senza aver previamente rinunciato a tutti gli incarichi ricevuti come imposto dall'art. 34 CDF.
Riguardo all'addebito di cui all'art. 34 CDF gli avvocati, pur ammettendo i fatti nella loro evidenza cronologica e documentale, hanno sostenuto che la cliente avesse espressamente fornito il proprio consenso sia a promuovere l'azione monitoria a suo carico sia ad assumere la conseguente garanzia ipotecaria per presidiare i rilevanti crediti professionali che i predetti avvocati vantavano nei suoi confronti. Inoltre secondo gli avvocati sarebbe stata proprio la cliente a insistere per continuare a essere assistita dallo Studio.
Gli incolpati hanno proposto ricordo dinanzi al CNF.
La decisione del Consiglio Nazionale Forense
Nel merito il Consiglio ha affermato che la norma deontologica di cui all'art. 34, reca il precetto preciso e categorico secondo il quale l'avvocato per poter agire nei confronti del cliente per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, deve previamente rinunciare a tutti gli incarichi da quel cliente conferitigli. A parere del Consiglio la disposizione di cui all'art.34 cdf non lascia alcuno spazio alla possibilità di derogarvi attraverso il consenso della parte assistita e proprio la mancanza di una espressa previsione in tal senso conferma e rafforza la natura inderogabile della regola deontologica sottraendola a qualsiasi forma di disponibilità da parte dei soggetti destinatari della stessa.
Al riguardo il Consiglio ha ricordato secondo il costante orientamento giurisprudenziale "L'illecito disciplinare di cui all'art. 46 CDF (ora art. 34 Nuovo Codice Deontologico) si configura ogni qualvolta l'avvocato intenta un'azione giudiziaria contro il proprio cliente senza avere preventivamente rinunciato al mandato alle liti, e quindi senza aver evitato, con l'unico mezzo possibile, qualsiasi situazione di incompatibilità esistente tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro il proprio assistito" (CNF, sentenza n. 38 del 24.04.2018).
Questo principio trova autorevole conferma nella giurisprudenza di legittimità, formatasi nel più ampio alveo della previsione generale sul conflitto di interesse che comprende tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito, compresa l'ipotesi di cui all'art. 34 CDF (Cass. SS.UU, sent. n. 7030 del 12 marzo 2021, Cass. SS.UU., sent. n. 14933 del 29 maggio 2023).
Quanto all'elemento soggettivo, il Consiglio ha ricordato che, ai fini dell'illecito disciplinare sotto il profilo soggettivo non sono necessari il dolo o la colpa, ma è sufficiente la c.d. suitas, ossia la volontà consapevole dell'atto che si compie, la volontarietà dell'azione che ha dato luogo al compimento di un atto deontologicamente scorretto.
Infatti, nel caso di specie ciò che rileva è la circostanza che
Per questi motivi il Consiglio ha respinto il ricorso.
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Il mio nome è Anna Sblendorio. Sono una persona curiosa e creativa e mi piace il contatto con la gente. Amo dipingere, ascoltare musica, andare a teatro, viaggiare e passare del tempo con la mia famiglia ed i miei amici. Nel 2008 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Bari "Aldo Moro" e successivamente ho conseguito l'abilitazione per l'esercizio della professione da avvocato. Nel corso degli anni ho collaborato con diversi centri di formazione occupandomi di tutoraggio in materie giuridiche e nel 2022 ho iniziato a collaborare con la testata giuridica online www.retidigiustizia.it.