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Fonti: https://www.consiglionazionaleforense.it/
Costituisce illecito disciplinare la richiesta da parte dell'avvocato di compensi eccessivi e sproporzionati rispetto alla natura e alla quantità delle prestazioni svolte, in quanto lesiva del dovere di correttezza e probità e l'illecito non è escluso dal fatto che vi sia un accordo sul compenso. È quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense con sentenza n.286 del 28 giugno 2024.
I fatti del procedimento
La pronuncia del Consiglio riguarda un avvocato che, nell'espletamento del mandato conferitogli dalla cliente al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali nei confronti dell'assicurazione in occasione di un sinistro stradale in cui è deceduto il marito, a) ha indotto la medesima cliente a sottoscrivere un accordo con il quale ha pattuito il compenso per le prestazioni professionali nella misura del 50% del risultato ottenuto; b) si è fatto corrispondere dalla medesima cliente la somma di € 329.000,00 a titolo di compenso professionale per le prestazioni svolte in favore della stessa e dei figli minori compenso certamente sproporzionato rispetto all'attività svolta.
L'avvocato è stato sottoposto
L'incolpato ha presentato ricorso sostenendo che all'epoca dei fatti, il patto di quota lite era lecito in forza della L. n. 248/2006 e che il suo compenso era circoscritto all'importo di € 35.000,00, mentre le restanti somme sono state pagate dalla cliente "a titolo di liberalità" per spirito di riconoscenza a suo favore, come da scrittura prodotta in atti.
La decisione del Consiglio Nazionale Forense
Il Consiglio ha rilevato che il procedimento disciplinare ha avuto luogo per fatti costituenti anche reato, per i quali è stato celebrato processo penale conclusosi con il definitivo accertamento, con efficacia anche sul procedimento disciplinare, circa il fatto, la sua illiceità e l'attribuibilità all'incolpato, con la conseguenza che il giudice disciplinare
Nel caso di specie, secondo il Consiglio, il CDD ha fatto buon governo delle risultanze istruttorie del processo penale con riferimento agli atti penali ritualmente acquisiti, già sufficienti per affermare la responsabilità disciplinare dell'incolpato. Il CDD, infatti, ha ritenuto che "la condotta addebitata all'incolpato è riconducibile alla violazione dei principi di fedeltà, correttezza e dignità, principi che unitamente ad altri devono improntare la vita professionale degli avvocati" e, valutato il notevole disvalore delle condotte, l'intensità del dolo e l'eccezionale danno procurato nonché la compromissione dell'immagine della professione forense, ha ritenuto di infliggere la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione per la durata di tre anni.
In particolare, in relazione al trattamento sanzionatorio, il Consiglio, ha ricordato che la sanzione va in concreto determinata tenendo conto
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Il mio nome è Anna Sblendorio. Sono una persona curiosa e creativa e mi piace il contatto con la gente. Amo dipingere, ascoltare musica, andare a teatro, viaggiare e passare del tempo con la mia famiglia ed i miei amici. Nel 2008 mi sono laureata in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Bari "Aldo Moro" e successivamente ho conseguito l'abilitazione per l'esercizio della professione da avvocato. Nel corso degli anni ho collaborato con diversi centri di formazione occupandomi di tutoraggio in materie giuridiche e nel 2022 ho iniziato a collaborare con la testata giuridica online www.retidigiustizia.it.