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Casette prefabbricate in legno, Tar Lazio: “Implicano la trasformazione del territorio, necessario il titolo edilizio”

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Con la sentenza n. 12927/2021, la sezione II quater del Tar Lazio, ha dichiarato la legittimità di un provvedimento con cui, ai sensi dell'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, si intimava la demolizione di alcune casette in legno prefabbricate, realizzate in assenza di validi titoli edilizi in un' area sottoposta a vincolo paesaggistico e archeologico, oltre che gravata da vincolo sismico.

Confermando che le opere realizzate, anche a riconoscere la natura di casette prefabbricate, si estrinsecavano in vere e proprie costruzioni prive del carattere di amovibiltà, collocate su basamento di cemento armato, costituenti opere stabili e permanenti, destinate a soddisfare l'esigenza abitativa, comportanti la stabile trasformazione del suolo, il Collegio ha ricordato che "In merito alla qualificazione degli interventi implicanti la trasformazione del territorio, bisogna attribuire valore dirimente non a modalità o materiali costruttivi, bensì alla stabilità dell'utilizzo, intendendosi come tale anche quello ricorrente o stagionale".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, un Comune intimava, ai proprietari di un fondo, la demolizione – ed il successivo ripristino dello stato dei luoghi – delle opere abusivamente realizzate in area plurivincolata, essendo sottoposta a tutela quale bene di notevole interesse paesaggistico e archeologico, oltre che gravata da vincolo sismico. 

L'intervento abusivo comportava la realizzazione su fondo agricolo di tre manufatti ad un solo piano, ad uso abitativo, consistenti il primo in una casa della superficie di 110 mq realizzata in opera muraria e copertura con tetto in legno a ridosso di un preeesistente manufatto uso magazzino; il secondo in una casa in legno su piattaforma di cemento armato di 65 mq, il terzo in un'opera muraria e tetto in legno di 81 mq.

Ricorrendo al Tar, i proprietari censuravano il prefato provvedimento sostenendo come il Comune fosse incorso in un errore sulla valutazione dei presuppostiper l'irrogazione delle misure repressive, con conseguente violazione dell'articolo 7 della legge 47 del 1985, in quanto i manufatti realizzati costituivano mere opere precarie, la cui realizzazione non richiedeva di munirsi di alcun titolo edilizio, sicché il Comune non avrebbe potuto legittimamente disporne la demolizione, ma, semmai, solo irrogare la sanzione pecuniaria.

Il Tar conferma la legittimità del provvedimento impugnato.

In punto di diritto il Collegio Amministrativo ricorda che gli interventi di nuova costruzione che determinano una trasformazione irreversibile del suolo, con impatto su un'area soggetta a tutela paesaggistica e rischio sismico, richiedono – oltre che l'autorizzazione paesaggistica prescritta dall'art. 146 del D.lgs. 42/2004e il nulla osta antisismico – anche il permesso di costruire: qualora, invece, si provveda alla trasformazione del territorio, senza munirsi dei prefati titoli, ai sensi dell'art. 27 del DPR 380/2001, il Comune può attivare una particolare procedura speditiva, che consente persino la demolizione ad horas dell'opera abusivamente realizzata in area vincolata. 

 In merito alla qualificazione degli interventi implicanti la trasformazione del territorio, il Tar ricorda che, per orientamento giurisprudenziale consolidato, bisogna attribuire valore dirimente non a modalità o materiali costruttivi, bensì alla stabilità dell'utilizzo, intendendosi come tale anche quello ricorrente o stagionale: ai fini della determinazione della normativa applicabile, non contano le caratteristiche costruttive del manufatto, bensì la sua stabile destinazione come luogo di residenza o di lavoro che determina l'incidenza sul territorio determinandone la trasformazione.

Con specifico riferimento al caso di specie, il Collegio evidenzia come le censure mosse dai ricorrenti, circa un'errata qualificazione giuridica dell'intervento in contestazione e un'erronea individuazione della normativa applicabile, s'appalesano inconsistenti.

Secondo i Giudici, infatti, l'adozione dell'ordinanza di demolizione costituiva, per il Comune, un atto dovuto, che esso era vincolato ad emanare immediatamente, una volta accertato lo svolgimento di attività volta alla trasformazione del territorio, senza munirsi di previo titolo abilitativo.

La sentenza in commento aggiunge come nessun errore di qualificazione giuridica sia stato compiuto dall'Amministrazione Comunale che ha ritenuto che le opere realizzate costituissero interventi di nuova costruzione che richiedevano il permesso di costruire (oltre che l'autorizzazione paesaggistica prescritta dall'art. 146 Dlgs. 42/2004 e il nulla osta antisismico): le suddette opere, difatti, anche a riconoscere la natura di casette prefabbricate, si estrinsecavano in vere e proprie costruzioni, in muratura e legno, prive del carattere di amovibiltà, collocate su basamento di cemento armato, costituenti opere stabili e permanenti, destinate a soddisfare l'esigenza abitativa, comportanti la stabile trasformazione del suolo, con impatto sul territorio, peraltro su area soggetta a tutela paesaggistica.

Alla luce di tanto, il Tar rigetta il ricorso.

 

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