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Abusi edilizi, Tar Campania: “Anche le pertinenze sono soggette alla demolizione”

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Con la sentenza n. 1187 dello scorso 18 settembre, il Tar Campania, sezione distaccata di Salerno, ha confermato la legittimità di un'ordinanza con cui si ordinava la demolizione di una pensilina, quale opera pertinenziale a un capannone mantenuto in vita pur se oggetto di un sequestro penale e di un precedente ordine di demolizione.

Respingendo la tesi della proprietaria – secondo cui la pensilina, avendo natura di opera pertinenziale ed essendo inidonea ad alterare l'assetto urbanistico-edilizio preesistente, non poteva essere oggetto dell'ordine di demolizione di cui all'art. 31 D.P.R. n. 380/2001 quanto, semmai, di una sanzione pecuniaria ex art. 37 citato D.P.R.– si è precisato che "nel caso in cui l'abuso investa l'opera principale e quella accessoria, dovendo le stesse opere doverosamente essere considerate in unitario, in quanto idonee ad alterare il preesistente assetto urbanistico edilizio, è legittima l'adozione della più grave delle sanzioni edilizie, ossia quella demolitoria/acquisitiva di cui all'art. 31 D.P.R. n. 380/2001".

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tar, il Comune di Giffoni Valle Piana emanava un provvedimento con cui si ordinava la demolizione, ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, di talune opere edilizie realizzate in assenza del necessario permesso di costruire. 

In particolare, oggetto di demolizione era sia un capannone – già oggetto di un'ordinanza di demolizione, rimasta ineseguita, nonché di un sequestro penale – che la pertinenziale pensilina in ferro e lamiera per il ricovero di attrezzature edili, costruita in epoca successiva alla rimozione dei sigilli.

Ricorrendo al Tar al fine di avversare siffatto provvedimento e chiederne l'annullamento, la proprietaria del fabbricato evidenziava come la pensilina – essendo stata costruita in epoca successiva alla rimozione dei sigilli apposti al capanne abusivo e avendo natura di opera pertinenziale, asseritamente inidonea ad alterare l'assetto urbanistico-edilizio preesistentenon avrebbe potuto essere oggetto dell'ordine di demolizione di cui all'art. 31 D.P.R. n. 380/2001 quanto, semmai, di una sanzione pecuniaria ex art. 37 citato D.P.R..

Il Tar non condivide la posizione della ricorrente.

Il collegio ricorda che la disposizione normativa di cui all'art. 31 D.P.R. n. 380/2001 impone all'amministrazione di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi al ricorrere dei presupposti ivi previsti, a prescindere dall'eventuale sanabilità degli abusi che, ove esistente, lungi dal determinare un aggravio dell'obbligo motivazionale, rileva esclusivamente nella fase successiva all'esercizio del doveroso potere sanzionatorio. 

Ciò premesso, il Tar evidenzia che, nel caso in cui l'abuso investa l'opera principale e quella accessoria, dovendo le stesse opere doverosamente essere considerate in unitario, in quanto idonee ad alterare il preesistente assetto urbanistico edilizio, è legittima l'adozione della più grave delle sanzioni edilizie, ossia quella demolitoria/acquisitiva di cui all'art. 31 D.P.R. n. 380/2001.

Con specifico riferimento al caso di specie, la pensilina, essendo legata da un vincolo pertinenziale con l'opera principale oggetto di demolizione, risente della stessa natura abusiva del limitrofo capannone al quale è legata, con ciò rimanendo assoggettata al potere sanzionatorio di cui all'art. 31 D.P.R. n. 380/2001.

Difatti, gli abusi edilizi in questione, ossia il capannone quale opera principale e la pensilina quale opera accessoria, doverosamente considerati in modo unitario, in quanto idonei ad alterare il preesistente assetto urbanistico edilizio hanno legittimato l'adozione della più grave delle sanzioni edilizie, ossia quella demolitoria/acquisitiva di cui all'art. 31 D.P.R. n. 380/2001.

Alla luce di tanto, il Tar respinge il ricorso. 

 

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