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Assegno di divorzio e trattamento di fine rapporto.

assegno

 Il Tribunale di Parma, con la sentenza n. 1146/2022 del 5 ottobre 2022, in una causa per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, riconosce alla ex moglie ultracinquantenne ed invalida al 46%, oltre l'assegno divorzile una quota del TFR.

Il Tribunale afferma, sulla base della ricostruzione dei fatti, che la moglie si era sempre occupata della casa, dei figli e del marito rinunciando per tali ragioni al proprio lavoro di modellista per assecondare una volontà dell'uomo.

Relativamente al riconoscimento dell'assegno di divorzio, che il marito contesta fortemente in giudizio, il Tribunale dispone in favore della ex moglie l'importo € 400,00 mensili, da rivalutare mensilmente e decorrente dalla domanda.

L'assegno di divorzio è difatti una delle principali conseguenze di carattere patrimoniale del divorzio, dato che con esso il giudice stabilisce l'eventuale diritto di uno dei coniugi di percepirlo.

L'assegno divorzile si distingue dall'assegno di mantenimento che spetta, se ricorrono le condizioni di legge a seguito invece  della separazione personale dei coniugi e cioè prima del divorzio.

 Con l'assegno divorzile uno dei coniugi è obbligato a versare periodicamente all'altro coniuge un assegno "quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive".

Il versamento dell'assegno può essere mensile ovvero in un'unica soluzione ed in tal caso può consistere anche nell'assegnazione di un bene.

Nel caso in questione era emerso che la ex moglie non aveva mai lavorato durante gli anni di matrimonio per espressa richiesta del marito.

Pertanto, la donna si era dedicata alla cura dei figli e della casa, accettando anche il trasferimento per tre anni in un'altra regione per seguire il marito per motivi legati al lavoro.

Dopo la separazione dal marito, la donna, non riusciva poi a trovare una occupazione per varie ragioni, tra cui le numerose patologie cui è affetta e che la rendono invalida al 46%.

Tale condizione è resa ancor più difficile dalla età della donna che ha 52 anni, non ha proprietà immobiliari e non riesce pertanto a rendersi autonoma. 

 Il Tribunale ritiene quindi che la donna abbia anche diritto a una quota del trattamento di fine rapporto, pari al 40%, nella misura di 16.354,00 oltre interessi, dalla pubblicazione della sentenza di divorzio al saldo, misura in relazione alla quale precisa che:

per quantificare il TFR, l'art.12 bis della L. 898/1970 e successive modificazioni riconosce, in favore del coniuge titolare di assegno di divorzio e non passato a nuove nozze, il diritto ad una quota pari al 40% del TFR maturato negli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio;

tale diritto diviene attuale al momento della percezione del trattamento da parte del lavoratore, ed è condizionato al passaggio in giudicato della sentenza attributiva dell'assegno divorzile;

quanto al periodo su cui commisurare la quota percentuale della somma percepita, si osserva che, in difetto di una espressa disposizione legislativa contraria, deve intendersi che la norma faccia riferimento alla durata legale del matrimonio.

L'istituto del tfr istituito con la legge n. 297/1982 al posto dell'indennità di anzianità è disciplinato dall'articolo 2120 c.c. ed è stato riformato dal d.lgs. n. 252/2005, T.U. della previdenza complementare entrato in vigore l'1 gennaio 2007.

Il TFR matura durante lo svolgimento del rapporto di lavoro e riveste carattere retributivo, costituendo quella parte di retribuzione accantonata il cui pagamento è differito al momento della cessazione del rapporto stesso.

Il diritto alla percezione del TFR si prescrive in cinque anni dal momento della cessazione del rapporto di lavoro (Cass. n. 16636/2012; Cass. n. 11470/2007).


 

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