Ha parlato a Modena in una sala strapiena. Un grande successo di pubblico e di attenzione, con centinaia di giornalisti, italiani ed anche stranieri, presenti nel parterre allestito dagli avvocati modenesi per questo, sicuramente il più importante, appuntamento del primo Festival della Giustizia penale, dedicato al ruolo dei media, al processo mediatico. Testimonial d'eccezione proprio lei, Amanda Knox, la studentessa americana tra le protagoniste dell'omicidio Meredith, definitivamente assolta dalla magistratura italiana al termine di un processo arrivato fino alla Suprema Corte di Cassazione. Un dibattito che è stato un autentico show di Amanda, che ha attaccato magistratura e polizia italiana, a solidarizzato con le vittime dell'ingiustizia, non ha trattenuto le lacrime scoppiando anche a piangere. Un dibattito del quale proponiamo due passaggi video dell'intervento di Amanda, e, per chi avesse più tempo, il video integrale dell'intero dibattito al quale ha partecipato anche il Presidente del Consiglio Nazionale Forense Mascherin.
Ma cosa ha detto, in sintesi, lei, la protagonista assoluta? Ha aperto così: "Temo mi mancherà il coraggio", "ho paura di nuove accuse, di essere incastrata e derisa".
Ma è solo l'incipit, poi l'attacco, l'affondo, durissimo, alle autorità di polizia, anche ad alcuni rappresentanti della pubblica accusa, infine, non mancano mai, ai giornalisti. Quelli che mi hanno definito "psicopatica" o "una drogata puttana".
"Non sono un mostro. Sono semplicemente Amanda", la giustizia "c'è con la compassione" se "il dolore e l'inimicizia" cedono il passo al "coraggio" di un confronto. Lei ricorda gli anni passati dietro le sbarre, durante i quali, dice, ho pensato anche al suicidio. Tende la mano al pm. Mi piacerebbe incontrarlo, confrontarmi con lui, dice.
Ora ricorda la sua vicenda processuale, le ombre e le luci. Parte dalla fine: "Gratitudine" per la Corte di Cassazione (l'assoluzione definitiva "per non aver commesso il fatto" è del 2015) ma pollice verso nei confronti dei giornalisti e della Repubblica Italiana: "Non la assolvo per avermi processata per otto lunghi anni con nessuna prova e con il vero assassino già dietro le sbarre".
"Il 1 novembre 2007 un ladro di nome Rudy è entrato nel mio appartamento e ha violentato e ucciso Meredith. E' stato catturato processato e condannato. Eppure un gran numero di persone non ha mai sentito il suo nome e tutta l'attenzione dei media si è concentrata su di me".
E Meredith, prosegue, era un'amica: "Alcuni hanno affermato che solo stando qui con la mia presenza sto traumatizzando nuovamente la famiglia Kercher e profanando la memoria di Meredith. Si sbagliano. E il fatto che io continui, nonostante la pronuncia della Cassazione, a essere ritenuta responsabile in questo modo per il dolore dei Kercher e per la reputazione di Perugia dimostra quanto possono essere potenti le narrazioni false e come possano minare la giustizia, specialmente quando sono rinforzate ed amplificate dai media".
"Raffaele e io siamo stati marchiati dai titoli giornali, per sempre colpevoli al giudizio dell'opinione pubblica. Sono stata dichiarata innocente, eppure so che sarò sempre legata alla tragedia della morte della mia amica. Vengo insultata ogni volta che mi addoloro per lei. Vengo insultata come se il mio essere viva, il mio stesso respiro fosse un affronto alla memoria di Meredith".