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Carlo, un chirurgo, un precario, un uomo. Per tutti, un eroe.

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Una rubrica periodica con i riflettori accesi sulle storie più belle e significative, che ci riconciliano con noi stessi e con l'umanità, ma anche con le altre storie, quelle nere, quelle che portano alla luce i lati peggiori e spesso oscuri dell'uomo, e le ingiustizie profonde, che spesso altro non sono che la conseguenza di una giustizia negata. Storie in entrambi i casi narrate da giornalisti, testimoni oculari, o anche, quando possibile, dai diretti protagonisti. In modo semplice, senza tante riflessioni che non siano la diretta narrazione dei fatti. Così. In poche parole. Perché ciascuno di noi che leggiamo possa trarne qualcosa, mai una lezione, certamente un elemento di comprensione. Di una realtà mai conosciuta pienamente, mai scontata. Che spesso si incontra nelle sue pieghe piuttosto che nei lati più evidenti.

Il primo appuntamento con una bella storia raccontata da Carmelo Abbate lo scorso 29 agosto. Una storia che parla di Carlo Santucci, un chirurgo, un medico, soprattutto un uomo, coraggioso.

 Lui è Carlo. Ha 33 anni. Vive a Roma. È un medico. Lavora in clinica. Chirurgo oculista. Posto precario, si arrabatta come può. Vorrebbe trasferirsi in Veneto, lì cercano medici. Per diversi anni ha prestato servizio sulle ambulanze. Quando non è in corsia insegna tecniche di primo soccorso. Carlo è uno sportivo, ha la passione per il ciclismo. È il 27 agosto del 2019. È in vacanza con gli amici a Cortina, sulle Dolomiti. Esce in bicicletta, pedala per 40 chilometri, arriva in Austria. Gli amici decidono di tornare indietro in treno. Lui preferirebbe stare in sella. Ma alla fine si lascia convincere. Sale sul convoglio in partenza da Lienz e diretto a Dobbiaco, in Alto Adige. Fa caldo. il treno è pieno. Si sentono delle urla. Qualcuno sta male. Serve un medico. Carlo si fa avanti. Una donna è a terra. Il marito è disperato, non sa cosa fare. La loro bambina è lì, in piedi. Avrà circa 6 anni. Osserva la sua mamma. Piange. Lo sguardo incredulo e disperato che ti toglie il fiato e ti fa diventare il cuore piccolo piccolo. Carlo si concentra sulla madre. Non c'è tempo da perdere. La donna è in arresto cardiaco. Carlo chiede al marito se è malata, se prende farmaci. Attorno a lui c'è il caos. Le persone urlano. A bordo non c'è nulla, un defibrillatore, un kit di soccorso. Nulla di nulla. Carlo ha solo una possibilità. Si isola. Guarda di nuovo la bambina. Solo lei. Fa un lungo respiro. Inizia le manovre di rianimazione. 30 compressioni toraciche e 2 insufflazioni. Le ripete all'infinito. Non si ferma un istante. Suda, non molla. Passano 40 minuti. Ma lui non se n'è accorto. Finalmente arriva l'agognato rasping, la fame d'aria. La donna respira. Arriva l'elisoccorso. La trasporta in ospedale. Carlo tira il fiato. Tutti applaudono. Lo chiamano eroe. Lui ce l'ha fatta, il resto non conta. Pochi giorni dopo riceve una chiamata. Il marito gli dice che la moglie è fuori pericolo. Non sa come ringraziarlo. Carlo Santucci chiede solo una cosa. Una foto della famiglia riunita.

 

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