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Carola espulsa dall'Italia, nella notte il prefetto ha firmato il decreto, ma occorre un nulla osta

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Una decisione che si aspettavano in pochi, quella del GIP del Tribunale di Agrigento che ha deciso di non convalidare il provvedimento di arresto per la comandante della Sea Watch, Carola Rackete, che da ieri sera è quindi una donna libera.

Una decisione, quella del Giudice delle indagini preliminari, che nel giro di pochi minuti ha causato un autentico terremoto. Il ministro per l'interno Matteo Salvini, in particolare ha annunciato in diretta facebook, e con una nota diffusa nella propria bacheca social, che la Capitana sarebbe stata comunque immediatamente espulsa dal paese come persona non gradita è pericolosa sulla base della normativa che, con il decreto sicurezza, è stata ulteriormente irrigidita. Dalle esternazioni del ministro alla firma del decreto sono passate poche ore. Secondo indiscrezioni di alcuni organi di stampa, il decreto è stato Infatti firmato nella notte dal prefetto di Agrigento, e stamane sarà notificato alla Rackete. Con un ordine di espulsione dal territorio dello Stato italiano. Ma non tutto potrebbe essere così rapido ed automatico come ad un primo esame potrebbe apparire. 

La firma del decreto da parte del prefetto di Agrigento, Dario Caputo, abbisogna, quale requisito di efficacia ed operatività, ai sensi della normativa vigente del nulla osta della procura della Repubblica competente per territorio, nella specie quella di Agrigento. Orbene, anche se il procuratore capo Luigi Patronaggio ha sostenuto con particolare convinzione l'accusa a carico della comandante, sebbene le tesi della procura siano state poi disattese dal Giudice delle indagini preliminari,  limitatamente  per adesso a quelle che hanno supportato il provvedimento di arresto, appare comunque poco probabile che la stessa procura possa rilasciare il nulla osta all'espulsione, tenuto conto che esistono dei procedimenti a carico della comandante, che dovrà oltretutto comparire il 9 luglio, tra una settimana esatta, di fronte al tribunale per rendere interrogatorio in qualità di indagata per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Estremamente probabile, quindi, che, modificato il decreto di espulsione, il procuratore capo non conceda il nulla osta, motivando la propria, insindacabile decisione, sulla base delle ragioni di giustizia. È su questo delicatissimo filo che si giocheranno le prossime ore, tenuto conto che i pm, per i quali la decisione del GIP è stata una dura sconfitta, tenendo anche conto delle esternazioni delle ultime ore, cercheranno di reperire elementi ulteriori per supportare l'accusa nei confronti della comandante, mentre paradossalmente il ministro per l'Interno ha un interesse uguale ma contrario, in quanto se nel corso del procedimento penale la Capitana riuscisse a dimostrare la propria estraneità a tutte le accuse, la credibilità del ministro potrebbe essere in parte offuscata. Anche alla luce del monito rivolto l'altro ieri dall'Austria dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha invitato tutti a considerare che la Costituzione è fondata sulla divisione dei poteri, è che la magistratura è l'unico ordine che può esprimersi sulla libertà delle persone.

Senza dire, poi, che il decreto di espulsione, come qualsiasi provvedimento amministrativo, può essere impugnato davanti ad un giudice, cui, in ogni caso, spetta quindi l'ultima parola.

 

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