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Trascrizione servitù, SC: insindacabile la valutazione operata dal Giudice di merito

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Con ordinanza n. 6992 dell'11 marzo 2019, la Corte di cassazione si è occupata della questione relativa all'opponibilità a terzi dell'atto costitutivo di una servitù. In buona sostanza, i Giudici di legittimità sono stati chiamati a rispondere sul seguente quesito: "La servitù, per essere opposta a terzi, deve essere trascritta regolarmente in tutti i suoi elementi?". A parere della Suprema Corte, no. Ma vi è più. Secondo la stessa, quando sorge una contestazione in merito alla sussistenza di tali elementi, essi sono valutati dal giudice di merito; una valutazione, questa, che, ove congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

Ma ripercorriamo nel dettaglio i punti più salienti del caso.

I fatti di causa.

I ricorrenti hanno impugnato la decisione della Corte d'appello, con cui è stata accolta la domanda del proprietario del terreno limitrofo a quello dei ricorrenti. In pratica, quest'ultimo, originariamente ha agito in giudizio nei confronti dei ricorrenti per i seguenti motivi:

  • sul fondo di questi è stato costruito dall'originario proprietario un fabbricato di due piani;
  • tale terreno è gravato da servitù, costituita con atto notarile, regolarmente trascritto in precedenza all'acquisto del fondo da parte dei ricorrenti;
  • alla stregua di tale servitù sul terreno servente i fabbricati costruiti o costruendi non possono avere un'altezza superiore ai metri 10,50; 
  • i ricorrenti, dopo l'acquisto di questo terreno con annesso fabbricato, hanno provveduto all'ampliamento del vano già esistente sul lastrico solare di tale edificio, violando i limiti di cui alla su citata servitù.

Per i motivi innanzi esposti, il proprietario del fondo dominante (ossia del fondo che si avvantaggia della servitù) ha adito l'autorità giudiziaria, chiedendo che si ordinasse ai convenuti di demolire quanto costruito in violazione della servitù in questione. Questi ultimi, costituendosi in giudizio, hanno dedotto che tale servitù non può essere loro opposta, in quanto non è stata trascritta regolarmente in ogni suo elemento. 

 In primo grado, il Tribunale ha rigettato la domanda del proprietario del terreno dominante, al contrario del Giudice d'appello che l'ha accolta.

Il caso è giunto dinanzi alla Corte di cassazione.

La decisione della SC.

Innanzitutto, i Giudici di legittimità richiamano «il principio per cui per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile ai terzi»:

  • deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione;
  • le indicazioni riportate nella nota su indicata devono«consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo, che insieme con la nota viene depositato presso la conservatoria dei registri immobiliari (cfr. Cass. 31.8.2009, n. 18892; Cass. 10.8.1977, n. 3692)».

Inoltre, secondo la Corte di cassazione e l'orientamento giurisprudenziale prevalente in punto, per identificare il fondo dominante:

  • non occorre che il terreno sia espressamente indicato nell'atto costitutivo della servitù;
  • non occorre la puntuale indicazione dei confini e della sua estensione;
  • è sufficiente che da altri elementi, attinenti alla natura stessa della servitù, alla ubicazione del fondo servente (ossia su cui grava la servitù) ed alla vicinanza di questo ad altro fondo di chi ha stipulato la servitù, possa con certezza stabilirsi, e dal punto di vista soggettivo e da quello oggettivo, a vantaggio di quale fondo la servitù medesima sia stata costituita (cfr. Cass. 22.5.1972, n. 1567; Cass. 8.11.1979, n. 5765).

Chiarito questo, ad avviso dei Giudici di legittimità, quando sorge una contestazione in merito alla sussistenza di tali elementi, questi sono valutati dal giudice di merito. Si tratta, in buona sostanza, di una valutazione di fatto relativa: 

  • all'atto costitutivo della servitù e alla nota di trascrizione;
  • agli elementi sufficienti ad eliminare ogni incertezza sul fondo dominante, su quello servente e sugli estremi della servitù, contenuti in tali atti.

Ne consegue che tale apprezzamento, concretizzandosi in un giudizio di fatto, non è censurabile in sede di legittimità, qualora esso risulta correttamente motivato. In punto, la stessa giurisprudenza è pacifica nel ritenere che costituisce «apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato e immune da vizi logici o errori di diritto, il giudizio espresso dal giudice del merito circa l'esistenza, nella nota di trascrizione, degli elementi necessari per individuare il bene e il diritto che forma oggetto del negozio trascritto» (cfr. Cass. 14.2.1966, n. 443; Cass. 10.8.1977, n. 3692). Orbene, tornando al caso di specie, a parere dei giudici di legittimità, la Corte d'appello ha ben argomentato la sua decisione di accoglimento della domanda del proprietario del fondo dominante, affermando che dagli atti in questione emergono con chiarezza gli elementi identificativi della servitù. Né i ricorrenti possono criticare il risultato interpretativo raggiunto da tale autorità giudiziaria, perché «per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l'altra (Cass. 22.2.2007, n. 4178)».

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato l'impugnazione dei ricorrenti, confermando la decisione di secondo grado. 

 

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