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Risarcimento e indennità nel caso della revoca dell’assegnazione della casa familiare.

CNF

 Un coniuge chiedeva all'altro la condanna al pagamento di un importo a titolo di indennità di occupazione dell'immobile acquistato, in costanza di matrimonio in regime di comunione, nel quale il convenuto era rimasto ad abitare nonostante il rigetto della sua domanda di assegnazione della casa coniugale.

A tale riguardo è intervenuta la sentenza della Corte di Cassazione 18 aprile 2023, n. 10264 .

La Corte osserva che nel caso di comunione, in base all'art. 1102 c.c., ciascun partecipante gode del bene comune in maniera diretta, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca l'esercizio delle pari facoltà di godimento che spettano agli altri.

Allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento diretto, tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, i comproprietari possono deliberarne l'uso indiretto, ad esempio a maggioranza o all'unanimità, secondo il tipo di uso deliberato.

Come può realizzarsi l'uso comune del bene? Ad esempio con una turnazione, utilizzo che costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell'uso della cosa comune da parte della maggioranza, in quanto non ne impedisce il godimento individuale, ed evita, che, attraverso un uso più intenso da parte di singoli comunisti, venga meno, per i restanti, la possibilità di godere pienamente e liberamente della cosa durante i rispettivi turni, senza subire alcuna interferenza esterna.


 Questo è quanto affermato in più occasioni, come ad esempio dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 35210 del 2021.

Orbene, qualora non fosse possibile l'uso contemporaneo neppure attraverso una turnazione, se solo un coniuge utilizzi in via esclusiva il bene, l'altro ha diritto al risarcimento e dovrà formulare una richiesta formale di utilizzo del bene.

E' pacifico in giurisprudenza il principio secondo cui il condividente che non tragga diretto godimento dal bene in comunione, possa chiedere la propria quota parte dei frutti del bene al condividente che invece ne abbia il concreto godimento ma, tale diritto all'indennità sorge a far tempo dalla sentenza di separazione dei coniugi solo in presenza di una richiesta di rilascio del bene in favore della controricorrente ovvero di istanza di uso turnario del bene medesimo o di richiesta da parte della stessa di ricevere la quota parte dei frutti non goduti.

Pertanto, non sussiste un diritto automatico al risarcimento del danno, derivante dall'uso esclusivo del bene.

Occorre che il comproprietario formuli una richiesta che in qualche modo dimostri la volontà di usare il bene, così da far intendere l'uso esclusivo dell'altro come un abuso.

 La Suprema Corte a Sezioni Unite con sentenza del 15 novembre 2022 n. 33645, ha enunciato il seguente principio di diritto: in caso di occupazione di un immobile senza titolo, il proprietario subisce una perdita e ha diritto al risarcimento del danno pari alla indennità di occupazione che è determinata equamente dal giudice, nel caso in cui l'importo preciso del danno non possa essere dimostrato. Questa valutazione si fonda sul canone di locazione al prezzo di mercato.

Ove il proprietario riesca a dimostrare uno specifico danno subito, ad esempio che in mancanza dell'occupazione avrebbe concesso il bene in godimento ad altri dietro un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato, il danno può essere appunto quello concreto.

Pertanto, in materia di comunione del diritto di proprietà, allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento, i comproprietari possono deliberarne l'uso indiretto.

In mancanza di deliberazione, il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l'intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l'esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell'utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili con decorrenza dalla data in cui allo stesso perviene manifestazione di volontà degli altri comproprietari di avere un uso turnario o comunque di godere per la loro parte del bene.

 

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