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Lavori urgenti in condominio e rimborso di somme anticipate dal condòmino

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La Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con ordinanza n. 17027/18 depositata il 28 giugno, si è pronunciata affermando che dinanzi ad una spesa necessaria, ma non urgente, il condòmino che ha anticipato i costi senza una preventiva deliberazione dell'assemblea dei condomini non ha diritto al rimborso, né a un indennizzo per indebito arricchimento ricevuto da parte degli altri partecipanti. La sentenza è degna di nota per aver contribuito a delineare i principi vigenti nel diritto condominiale sull'applicabilità di rimedi ordinari e rimedi sussidiari in materia di rimborso e indebito arricchimento senza causa. I presupposti per il diritto al rimborso di spese anticipate per il bene comune vanno ravvisati nell'urgenza ed indifferibilità dei lavori condominiali. Con la recente decisione presa in esame la Corte Suprema si è pronunciata su un caso che ha visto contrapporsi più condomini in qualità di proprietari di distinte unità immobiliari, site nello stesso fabbricato, per i danni verificatesi agli appartamenti dell'ultimo piano, a causa del cattivo stato manutentivo della copertura, e degli ingenti disagi che le infiltrazioni provenienti dalla stessa arrecavano agli appartamenti siti ai piani superiori. A seguito di relazione tecnica del geometra incaricato dai condomini, uno dei proprietari manifestava la propria indisponibilità a partecipare ai costi relativi.Tuttavia, gli altri proprietari decidevano comunque di dare esecuzione agli improcrastinabili interventi manutentivi.Uno di loro anticipava i costi per la manutenzione, sostenendo sia le spese di sua spettanza che anticipando la quota spesa imputabile al proprietario indisponibile, con riserva di ripetizione nei confronti di quest'ultimo.

Successivamente adiva le vie legali avverso quest'ultimo per il rimborso della somma anticipata, ma il giudice di prime cure respingeva la richiesta di rimborso perché il consulente tecnico d'ufficio non aveva riconosciuto l'urgenza dei lavori eseguiti per la conservazione ed il godimento delle parti comuni, ed in quanto detti lavori avrebbero potuto essere autorizzati soltanto dall'amministratore e dall'assemblea. In mancanza della delibera assembleare, quindi, non si riconosceva il diritto al rimborso del condòmino che si era attivato per la realizzazione dell'intervento manutentivo dell'immobile accollandosi anche la quota spesa del condòmino del piano terraneo. Veniva, quindi, proposto appello con il quale si chiedeva, oltre alla riforma integrale della sentenza impugnata, un indennizzo a titolo di arricchimento senza causa, ai sensi dell'art.2041, comma 1, c.c. che recita: "Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale".  La Corte di Appello adita, pur confermando la sentenza impugnata, e quindi accertando la mancanza di urgenza dei lavori e rigettando il riconoscimento al diritto del rimborso per le spese anticipate, tuttavia riconosceva sussistere nella fattispecie i presupposti per ottenere un indennizzo per arricchimento senza causa e condannava i coniugi proprietari indisponibili alla corresponsione della somma richiesta a tale titolo dall'appellante. I coniugi soccombenti impugnavano la sentenza di condanna dinanzi alla Corte Suprema deducendo violazione degli artt. 1134, 2041 e 2042 c.c.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso principale in quanto "il carattere di sussidiarietà dell'azione di arricchimento senza causa postula che l'attore ex ante non abbia a disposizione altra azione per farsi indennizzare dal pregiudizio subito"Nella fattispecie il condòmino che ha anticipato le spese di manutenzione per conto di un altro condòmino aveva la possibilità di ottenere il rimborso solo se giustificato dall'urgenza dei lavori, ai sensi dell'art. 1134. L'urgenza dei lavori per le opere che non possono essere differite senza danno o nocumento alle cose comuni, od anche alle cose di proprietà esclusive di taluno dei proprietari dell'edificio è da intendere in senso rigoroso, ossia come una condizione impellente tale da non consentire i tempi materiali per interessare l'amministratore o l'assemblea dei condomini, senza che il danno abbia a verificarsi (Corte App. Firenze 4-3-2009).La prova dell'indifferibilità della spesa incombe sul condomino che chiede il rimborso, il quale deve dimostrare, a tal fine, la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini (Cass. 80/5256). Tale urgenza, però, nel caso in esame, non è stata accertata, pertanto il condòmino doveva seguire l'iter procedimentale previsto dalle disposizioni in materia di condominio. L'azione di arricchimento senza causa sarebbe, quindi, un espediente per aggirare il divieto suddetto ed ottenere comunque un indennizzo. Il riconoscimento di tale diritto "finirebbe per ammettere l'iniziativa non autorizzata del singolo condomino nell'amministrazione del Condominio". In definitiva i giudici di legittimità hanno ribadito la validità delle precedenti pronunce sull'argomento (cfr. Cass.sez. 2, sent. n. 20528 del 30/08/2017) secondo le quali al condòmino - al quale non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell'urgenza (richiesto dall'art. 1134 c.c.) - non spetta neppure il rimedio sussidiario dell'azione di arricchimento senza causa.

 

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