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Praticanti avvocati ed esercizio abusivo della professione.

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 Il praticante avvocato non può più esercitare il patrocinio decorsi sei anni dalla iscrizione nel relativo registro se non ha nel frattempo conseguito l'abilitazione.

Sulla scorta di detto principio la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, con ordinanza n.

30057 del 14 dicembre 2017, ha respinto il ricorso di un legale, condannato in primo e secondo grado alla restituzione delle somme percepite per prestazioni rese oltre i sei anni dall'iscrizione nel registro dei praticanti. Da ciò, secondo i giudici di merito, conseguiva la nullità ex art. 1418 c.c. delle relative prestazioni ed il diritto alla ripetizione delle somme versate dal cliente quale compenso per le prestazioni medesime.

 Di recente, la Corte di Appello di Napoli confermava la condanna dell'imputato per esercizio abusivo della professione ex art. 348 c.p. La parte civile ricorre in Cassazione sostenendo di aver subito un danno patrimoniale a causa dei costi della difesa rispetto ad un'azione che non poteva essere promossa da un difensore non abilitato all'esercizio della professione e non patrimoniale in relazione alla lesione dell'onore e della reputazione.

Interpellata la Corte di Cassazione, sez. VI Penale, quest'ultima con la sentenza del 16 giugno 2022, n. 23608, concordando con la ricostruzione dei Giudici di merito in relazione all'esercizio abusivo della professione, secondo cui l'imputato, praticante avvocato, pur essendo scaduto il termine di sei anni previsto dall'art. 8, c. 2, R.D.L. n. 1578/1993 dall'iscrizione nel registro dei Praticanti Avvocati, proseguiva nella difesa delle parti civili, compiendo attività istruttoria e rassegnando le conclusioni dichiara inammissibile il ricorso.

​ Per quanto riguarda invece la revoca delle statuizioni civili disposta dalla Corte d'Appello, la Cassazione ritiene che la motivazione della decisione impugnata sia immune da vizi giuridici e logici e che il comportamento dell'imputato abbia arrecato un danno solo ai propri assistiti, stante la nullità delle attività difensive da lui svolte. Non risulta, invece, provato alcun danno patrimoniale o non patrimoniale subito dalla controparte, posto che le parti civili si sarebbero comunque fatte assistere da un difensore, ragion per cui la parte dell'abilitazione dell'imputato si pone «come fatto neutro rispetto allo svolgimento del processo ed alla sua conclusione».

 

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