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Padre assente e risarcimento figli.

sentenze

 Una coppia di ex coniugi giunge innanzi alla Corte di Cassazione che analizza una fattispecie riguardante il caso di un padre che si dimostra essere stato totalmente disinteressato ed assente verso le due figlie.

Il caso si origina da un giudizio avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio, nell'ambito del quale il marito ricorrente chiedeva al Tribunale che nessun onere economico gli venisse posto a carico a titolo di assegno divorzile.

In sede di separazione la moglie aveva difatti ottenuto un mantenimento pari ad € 4.000,00 per se stessa, mentre il padre insisteva perché venisse accordato a favore delle figlie un mantenimento complessivo pari ad € 6.000,00 oltre al 50% delle spese straordinarie.

La moglie resistendo in giudizio, oltre ad opporsi alle richieste economiche del marito così come formulate, chiedeva il riconoscimento di un assegno divorzile pari ad € 8.000,00 per sé ed un assegno di mantenimento pari ad € 6.000,00 per ciascuna figlia, oltre alla corresponsione di tutta una serie di oneri accessori per l'abitazione familiare.

Inoltre, ella chiedeva la condanna del padre al risarcimento ex art. 709 ter, c.p.c. per i danni cagionati alle figlie a causa del di lui repentino allontanamento dalle stesse.

Il Tribunale di Roma all'esito dell'istruttoria accoglieva, solo in parte, le richieste dell'ex moglie, stabilendo un assegno divorzile per un importo di € 2.500,00 a favore della donna e determinando un assegno mensile a titolo di mantenimento per le figlie pari ad € 3.500,00 per ognuna, oltre al 75% delle spese straordinarie. Rigettava, invece, la richiesta di risarcimento del danno.

 Il ricorrente proponeva appello, lamentando l'esorbitanza degli importi riconosciuti nonché l'omessa pronuncia sull'istanza di onerare la moglie del pagamento delle spese della casa familiare assegnata alla stessa.

Innanzi alla Corte, l'ex moglie si costituiva con appello incidentale ed insisteva per la condanna al risarcimento del danno conseguente all'interruzione dei rapporti con le figlie per una somma pari ad € 150.000,00.

La Corte d'Appello di Roma riformava la sentenza impugnata nel rigettare le richieste della ex moglie, negava un diritto in capo alla stessa di percepire un assegno divorzile.

In particolare, i Giudici non ritenevano sussistenti i requisiti per il riconoscimento dell'assegno poiché a seguito di una comparazione dei redditi di entrambi gli ex coniugi, emergeva che l'ex marito corrispondesse la disponibilità a favore della donna di un importo mensile fra gli € 7.000,00 e gli 8.000,00 per effetto delle intestazioni immobiliari e delle partecipazioni azionarie che la stessa deteneva nella società di famiglia, che andavano pertanto ad incidere.

Circa invece la domanda relativa alla condanna al risarcimento avanzata dalla ex moglie, la Corte riteneva che il padre era sempre stato adempiente rispetto agli obblighi economici discendenti dalla intervenuta separazione e che "l'allontanamento era ritenuto riconducibile esclusivamente alle differenze caratteriali tra padre e figlie, acuite dall'età adolescenziale delle figlie, senza che fosse stata accertata alcuna intenzione del padre di volerle allontanare da sé".

 Avverso la sentenza la donna proponeva ricorso per Cassazione cui resisteva con controricorso l'ex marito.

La Corte di Cassazione si pronuncia con sentenza n. 8283 del 2023, con la quale i Giudici hanno

analizzato la portata applicativa dell'art. 709 ter c.p.c. che ancor prima della riforma Cartabia, prevedeva un rimedio di natura risarcitoria e sanzionatoria da un lato per i danni arrecati dal genitore alla prole per condotte inadempimenti rispetto agli obblighi imposti dall'Autorità e dall'altro per costringere il genitore inadempiente all'assolvimento dei medesimi obblighi.

Con i primi tre motivi del ricorso la ricorrente censurava la Corte per aver rigettato la domanda relativa al risarcimento del danno alla luce della "non volontarietà" della interruzione dei rapporti.

Secondo la ex moglie, infatti, una responsabilità in capo all'ex marito veniva esclusa solo sulla base della mancanza dell'elemento soggettivo, senza avere il Collegio valutato né dato conto in motivazione dei risultati delle audizioni delle figlie né tantomeno preso in considerazione le mail prodotte nel corso del giudizio a conferma della volontarietà della condotta disinteressata da parte dell'uomo.

I Giudici analizzando la portata precettiva della norma di cui all'art. 709 ter c.p.c. quale rimedio di natura risarcitoria e sanzionatoria, considerando che le misure previste dal suddetto articolo potessero essere applicate nei confronti di un genitore a causa di gravi inadempienze e di atti "che comunque arrechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento" senza tuttavia presupporre un accertamento in concreto del pregiudizio subito, non ritenevano ci fosse stato un errore nella valutazione dei comportamenti paterni.

In particolare, il Tribunale prima e la Corte d'Appello dopo la valutazione complessiva dei comportamenti paterni avevano escluso la sussistenza degli estremi per il riconoscimento dell'invocata sanzione.

Neanche la documentazione allegata dalla madre per sostenere la pretesa risarcitoria smentiva la valutazione, dal momento che il contenuto della stessa non rappresentava "specifiche condotte giuridicamente rilevanti quali atteggiamento di rifiuto del padre di incontrare le figlie, ma di difficoltà relazionali che hanno caratterizzato le persone coinvolte nella vicenda separativa in oggetto".

 

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