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Edilizia, la natura abusiva del manufatto è "di per sé" presupposto della demolizione

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Con la sentenza n. 1577 dello scorso 13 settembre, il Tar Campania, sezione distaccata di Salerno, sulla scorta del principio secondo cui l'abusività di un'opera edilizia costituisce, già, di per sé, presupposto per l'applicazione della prescritta sanzione demolitoria, ha confermato l'ordine di demolizione di una veranda realizzata, in mancanza del titolo abilitativo all'uopo necessario, in un'area paesaggisticamente vincolata, in quanto, si è difatti specificato, "una volta accertata l'esecuzione di interventi privi di permesso di costruire, e in mancanza di preesistente domanda di sanatoria da parte del soggetto interessato, deve esserne disposta la rimozione, indipendentemente dalla verifica della loro eventuale conformità agli strumenti urbanistici e della loro ipotetica sanabilità".

Il caso sottoposto all'attenzione dei Giudici Amministrativi prende avvio dalla costruzione di due verande, realizzate con struttura portante verticale in legno e struttura orizzontale in ferro; le opere venivano eseguite sine titulo in corrispondenza di un immobile ubicato in un'area paesaggisticamente vincolata. 

 Compiuti i dovuti accertamenti, il Responsabile dell'Ufficio Tecnico del Comune ove era stata realizzata la veranda emanava un'ordinanza di demolizione: l'ufficio tecnico competente, rilevate le caratteristiche morfologiche, dimensionali e strutturali dei due manufatti, li considerava, a tutti gli effetti, alla stregua di opere non precarie perché stabilmente infisse al suolo, implicanti, sotto il profilo edilizio, un aumento di volumetria, di superficie e sagoma e, quindi, suscettibili di arrecare un impatto significativo sul preesistente assetto del territorio.

Il proprietario della costruzione, ricorrendo al Tar della Campania, chiedeva l'annullamento dell'ordinanza di demolizione deducendo, in relazione agli aspetti procedurali, l'omessa comunicazione l'ordinanza, in violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990; in relazione al merito, evidenziava l'inapplicabilità della sanzione demolitoria, trattandosi di lavori di manutenzione straordinaria di preesistenti tettoie-pergolati ed, ad ogni modo, la possibile sanabilità degli abusi contestati.

Il Tar non condivide le difese mosse dal ricorrente.

I giudici amministrativi ricordano come l'ordinanza di demolizione è, per sua natura, un atto urgente, dovuto e rigorosamente vincolato: non implica, infatti, valutazioni discrezionali, in quanto si risolve in meri accertamenti tecnici che non richiedono apporti partecipativi da parte del destinatario dalla misura repressiva; tale soggetto, ai fini del ripristino dell'originario assetto dei luoghi, può interloquire con l'amministrazione prima di ogni definitiva statuizione di rimozione d'ufficio delle opere abusive.

Con specifico riferimento al caso di specie, nessuna violazione partecipativa può portare alla rimozione dell'atto impugnato, posto che – ai sensi dell'art. 21 octies della legge n. 241/1990 – non è annullabile l'atto adottato in violazione delle norme su procedimento, qualora, per la sua natura vincolata, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente enucleato.

In relazione alla misura adottata, la sentenza in commento rimarca la legittimità della misura di natura demolitoria, a prescindere dalla relativa qualificazione edilizia.

Difatti, l'opera, ricadendo in area paesaggisticamente vincolata, richiedeva necessariamente il previo rilascio del titolo abilitativo all'uopo necessario.

In mancanza di tale titolo, ai sensi degli artt. 27, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 e dell'art. 167, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004, l'ingiunta sanzione repressivo-ripristinatoria non necessitava di valutazione in ordine alla conformità o meno delle opere abusive agli strumenti urbanistici, posto che, una volta accertata l'esecuzione di interventi privi di permesso di costruire, e in mancanza di preesistente domanda di sanatoria da parte del soggetto interessato, ne doveva essere disposta la rimozione, indipendentemente dalla verifica della loro eventuale conformità agli strumenti urbanistici e della loro ipotetica sanabilità.

In conclusione il Tar Campania respinge il ricorso. 

 

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