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Omicidio colposo, SC: “Va assolto il medico se la struttura organizzativa dell’ospedale non permette la cura salvavita”

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Con la pronuncia n. 33230 dello scorso 26 novembre, la IV sezione penale della Corte di Cassazione ha assolto un medico per il decesso di un paziente che accusava forti dolori toracici, sul presupposto che, nonostante le gravi omissioni compiute, la condotta doverosa non avrebbe certamente evitato l'evento mortale, in quanto il paziente non poteva giungere in tempo utile presso uno dei centri sanitari attrezzati per eseguire l'intervento coronarico indispensabile per salvarlo.

Si è quindi specificato che "il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l'effettivo rilievo condizionante della condotta umana, deve fondarsi non solo su affidabili informazioni scientifiche ma anche sulle contingenze significative del caso concreto".

Il caso sottoposto all'attenzione della Cassazione prende avvio dall'esercizio dell'azione penale nei confronti del medico di guardia di un Pronto soccorso, ritenuto colpevole per il reato di cui all'art. 589 c.p. per la morte di un paziente ivi giunto con forti dolori toracici e poi deceduto in conseguenza della mancata e tempestiva diagnosi della patologia cardiaca e l'errata diagnosi muscoloscheletrica.

In particolare, si contestava al sanitario di non aver sottoposto il paziente ai necessari controlli strumentali e diagnostici, al tracciato elettrocardiografico ed all'effettuazione del dosaggio degli enzimi cardiaci.

Per tali fatti, il Tribunale di Lecce condannava il camice bianco alla pena di giustizia, sul presupposto che, se si fossero eseguiti i necessari accertamenti e se si fosse effettuato un intervento di angioplastica coronarica d'urgenza entro i 120 minuti dalla diagnosi ovvero dal riscontro con ECG, il paziente avrebbe avuto un'alta probabilità di salvarsi. 

La Corte di Appello di Lecce riformava la pronuncia di condanna e assolveva il sanitario con formula il fatto non sussiste, affermando che non era possibile affermare, aldilà di ogni ragionevole dubbio, che un diverso comportamento avrebbe potuto modificare l'evoluzione clinica infausta del paziente. Secondo i giudici, infatti, sebbene fosse incontestabile la condotta gravemente colposa omissiva posta in essere dal sanitario, cionondimeno la situazione organizzativa esistente presso l'ospedale, ove non era possibile eseguire una procedura coronarica percutanea, non avrebbe consentito di evitare l'evento letale.

Avverso la sentenza assolutoria ricorreva in Cassazione la parte civile, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in punto di nesso causale.

Secondo i ricorrenti, i giudici di merito avevano travisato l'esito dell'istruttoria dibattimentale, che consegnava la certezza, al di là di ogni ragionevole dubbio, del fatto che il loro congiunto si era recato al pronto soccorso con forti dolori toracici e che l'imputato non aveva ritenuto opportuno effettuare una ECG, nonostante il Pronto soccorso fosse dotato di elettrocardiografo con un reparto di cardiologia in servizio 24 ore su 24 e le linee guida consolidate imponessero di eseguire tale accertamento necessario ai fini diagnostici; si evidenziava, inoltre, che l'intervento di angioplastica coronarica, che per avere effetto salvifico doveva essere effettuato entro 120 minuti dalla diagnosi, ben poteva essere svolto nella struttura sanitaria più vicina, distante solo 30 / 40 minuti dal nosocomio ove si trovava il paziente.

La Cassazione non condivide le censure formulate. 

Gli Ermellini ricordano che nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva.

La sentenza in commento precisa che il meccanismo controfattuale, necessario per stabilire l'effettivo rilievo condizionante della condotta umana, deve fondarsi non solo su affidabili informazioni scientifiche ma anche sulle contingenze significative del caso concreto, dovendosi comprendere qual è solitamente l'andamento della patologia in concreto accertata, qual è normalmente l'efficacia delle terapie e quali sono i fattori che solitamente influenzano il successo degli sforzi terapeutici.

Nel caso di specie, il giudice di merito, con motivazione logica e coerente con i dati di fatto risultanti dall'istruttoria, ha escluso la sussistenza del nesso causale valutando la situazione logistica concreta e, cioè, le condizioni specifiche del paziente, il lasso temporale intercorso dal momento in cui sarebbe insorta la doverosità dell'accertamento diagnostico specifico ed il momento del decesso, la situazione organizzativa dell'ospedale ove è avvenuto il decesso.

In particolare, la sentenza impugnata ha accertato, in ordine all'effetto salvifico della condotta doverosa omessa (consistente nell'effettuazione dell'elettrocardiogramma e degli esami enzimatici), che la condotta doverosa non avrebbe certamente evitato l'evento mortale, in quanto il paziente non poteva giungere in tempo utile presso uno dei centri sanitari attrezzati per eseguire, prima dell'insorgenza dell'aritmia fatale, l'intervento coronarico percutaneo.

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. 

 

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