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Infedeltà coniugale, addebito: quando è sufficiente il mero sospetto?

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 Con l'ordinanza n. 16822 dello scorso 24 maggio, la VI sezione civile della Corte di Cassazione ha escluso l'addebito di una separazione a una moglie adultera, respingendo le difese del marito secondo cui – sebbene avesse scoperto il tradimento a separazione avvenuta – già in costanza di matrimonio nutriva sospetti sulla fedeltà della consorte.

La Cassazione ha precisato che la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell'art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all'onore dell'altro coniuge.

Sul merito della questione aveva statuito, inizialmente, il Tribunale di Cosenza che, pronunciandosi sulla separazione personale dei coniugi, rigettava le richieste di addebito della separazione avanzate dal marito.

 In sede di gravame, la Corte di appello di Catanzaro confermava la pronuncia di primo grado, evidenziando come dalla produzione documentale delle parti non emergeva che la moglie fosse effettivamente iscritta, durante il matrimonio, a siti di incontro e che, nondimeno, non era stata fornita la prova dell'efficienza causale del comportamento addebitato alla moglie sulla crisi matrimoniale, avendo lo stesso marito dichiarato che aveva scoperto l'infedeltà coniugale della moglie solo dopo il deposito del ricorso per separazione.

Il marito, ricorrendo in Cassazione, denunciava violazione e falsa applicazione degli articoli 143

e 151 c.c. in punto di addebitabilità della separazione, assumendo come la violazione al dovere di fedeltà coniugale avrebbe implicato una valutazione di responsabilità anche in presenza di un fondato sospetto.

Secondo la difesa dell'uomo, il sospetto, rivelatosi poi fondato, avrebbe determinato il venir meno della fiducia, coessenziale alla stabilità del rapporto.

La Cassazione non condivide le tesi difensive del ricorrente.

In punto di diritto, la Corte ricorda che la relazione di un coniuge con estranei rende addebitabile la separazione ai sensi dell'art. 151 c.c. quando, in considerazione degli aspetti esteriori con cui è coltivata e dell'ambiente in cui i coniugi vivono, dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e quindi, anche se non si sostanzi in un adulterio, comporti offesa alla dignità e all'onore dell'altro coniuge.

 Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini evidenziano come la Corte distrettuale abbia fatto un corretto uso di tali principi, ritenendo – all'esito della valutazione degli elementi probatori emergenti in causa – che fosse stata provata la non addebitabilità della separazione coniugale alla moglie sulla base di due distinte rationes decidendi: l'assenza di prova dell'iscrizione della donna a siti di incontro e la mancanza di una correlazione causale tra l'infedeltà della predetta e la crisi matrimoniale.

La Corte sottolinea come il ricorrente, col proprio ricorso e per la prima volta in Cassazione, abbia voluto prospettare che tale sospetto si fosse insinuato in lui prima della proposizione della domanda di separazione: gli Ermellini evidenziano, quindi, come sia inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che si fondi su una situazione di fatto diversa da quella prospettata ed accertata nel giudizio di merito, non risultando, né dal ricorso per cassazione, né dalla sentenza impugnata, che una tale circostanza sul sospetto fosse stata allegata e poi accertata dai giudici di merito.

In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

 

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