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Nessun conflitto d’interessi se si condivide lo studio professionale.

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 Il Consiglio Nazionale forense è intervenuto in merito alla vicenda che ha colpito un avvocato sanzionato con la sospensione di due mesi dal proprio Consiglio dell'Ordine, per aver accettato di difendere un soggetto che era stato citato in giudizio da altro soggetto rappresentato dalla propria collega di studio.

Quest'ultima aveva riferito al COA di trovarsi presso lo studio solo ed esclusivamente per rapporti di ospitalità ed amicizia, e di non sussistere tra i due colleghi rapporti di tipo economico e neanche di stabile collaborazione.

Assunte le testimonianze necessarie il CDD aveva invece ritenuto di infliggere la sanzione della sospensione di due mesi all'avvocato atteso che:

i due legali esercitavano attività nello stesso studio dall'anno 2003;

la circostanza che l'avvocata fosse solo ospite non rilevava ai fini della questione del possibile conflitto di interessi;


i due legali avevano lo stesso numero di telefono e la stessa email;

pur risultando una collaborazione tra i due legali solo in tre, quattro casi, le circostanze esaminate facevano presumere una collaborazione e non una mera condivisione di spazi. 

Secondo l'avvocato ricorrente, però, tutti gli elementi indicati dal CDD non facevano emergere quella "collaborazione professionale non occasionale" richiesta dal nostro ordinamento per la sussistenza della fattispecie per cui due legali non possono assistere due soggetti per possibile conflitto d'interessi, in particolare, secondo il ricorrente avvocato non adeguato rilievo era stato dato all'esistenza di due PEC distinte, unico elemento qualificante.

In effetti, il CNF accoglie il ricorso in quanto il nuovo codice deontologico forense, all'articolo 24 con l'aggiunta dell'inciso "…e collaborino professionalmente in modo non occasionale…"ha voluto porre proprio un temperamento ai numerosi e sempre più frequenti casi di aggregazione tra avvocati che non necessariamente determinano un conflitto di interessi.



L''onere della prova grava inoltre sul COA non dovendo essere l'avvocato a fornire elementi o a dimostrare l'infondatezza dei fatti alla base delle contestazioni.

Infatti, a parere del CNF l'aver collaborato in tre, quattro occasioni in 15 anni o l'uso comune della utenza telefonica o della email strumenti dello studio professionale, non possono essere considerati elementi sufficienti a dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio l'esistenza di una collaborazione continuativa o se vogliamo non occasionale, oggi richiesta dalla norma vigente.

Per tali ragioni il CNF con la decisione n. 22/2022, accoglie il ricorso e annulla la sanzione inflitta della sospensione per due mesi dall'esercizio della professione.

 

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