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La modifica della convenzione per ripartire le spese condominiali si estende anche a chi vi aderisce successivamente?

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Riferimenti normativi: Art.1123 c.c.

Focus: La ripartizione di spese condominiali sulla base di una convenzione, approvata dall'assemblea all'unanimità in deroga ai principi legali, ha efficacia obbligatoria soltanto tra le parti. Si può prescindere dalle formalità richieste per l'approvazione della convenzione con l'adesione successiva alla stessa senza nuova delibera assembleare? Sulla questione si è pronunciata la Corte di Cassazione con Ordinanza n.2108/2022 pubblicata il 4.7.2022.

Principi generali: Nel caso di specie, il condomìnio aveva originariamente adottato una "convenzione" sul riparto delle spese condominiali, ai sensi dell'art. 1123 c.c., inserita nel regolamento condominiale del 1955, che prevedeva, in deroga ai criteri legali, la riduzione di 1/6 delle quote millesimali attribuite ai locali negozi. I criteri di ripartizione delle spese condominiali, stabiliti dall'art. 1123 c.c., possono essere derogati, come prevede la stessa norma, e la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione può essere contenuta sia nel regolamento condominiale (che perciò si definisce "di natura contrattuale") che in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità, o col consenso di tutti i condòmini (Cass.17 gennaio 2003, n. 641). Ciò è stato ribadito dalla Corte Suprema, con l'Ordinanza n.2108/2022. Nel caso oggetto della pronuncia la banca Intesa Sanpaolo s.p.a ha impugnato con ricorso in Cassazione la sentenza della Corte di Appello che aveva rigettato la propria opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal condomìnio per riscuotere i contributi condominiali intimati alla banca. 

Quest'ultima si era opposta al decreto contestando l'importo delle somme ingiunte, chiedendo che fosse dichiarata la nullità della deliberazione assembleare del 6 febbraio 1996 e, conseguentemente, della deliberazione del 17 settembre 2007, perché la prima delibera aveva modificato, senza il necessario consenso unanime di tutti i condòmini, il regolamento condominiale del 14 novembre 1955. Detto regolamento prevedeva originariamente la riduzione di 1/6 delle spese in favore dei proprietari dei locali negozi. Al contrario, la deliberazione del 6 febbraio 1996 disponeva la ripartizione delle spese in base alle quote millesimali. All'assemblea del 6 febbraio 1996 avevano partecipato per la modifica del regolamento nove condòmini, per un totale di 963 millesimi. L'unico condòmino assente aveva, tuttavia, dichiarato di aderire alla modifica del regolamento in punto spese con lettera del 2004. All'assemblea, tra l'altro, aveva partecipato anche il rappresentante del Banco AmbrosianoVeneto s.p.a., che occupava i locali interessati. Inoltre, sia la banca suddetta che la Banca Intesa s.p.a., che ha accorpato la prima banca, avevano dato esecuzione alla delibera del 1996 pagando gli importi al condomìnio, importi che poi avevano chiesto in restituzione col giudizio in esame. In pratica, pur essendo stata adottata la delibera senza il consenso unanime dei presenti all'assemblea, la convenzione era diventata esecutiva per essere stata accettata anche dal condomino assente e perché la banca aveva pagato le spese condominiali secondo la ripartizione stabilita in convenzione. Nel ricorso in Cassazione, oltre ad eccepire l'assenza di motivazione della sentenza, la ricorrente ha eccepito l'errore in cui era incorsa la Corte d'Appello, in violazione o falsa applicazione dell'art. 1136 c.c., per aver questa ritenuto che la lettera del 2004 proveniente dal condòmino assente avesse sanato la mancanza di unanimità dell'assemblea del 1996. 

La Suprema Corte nell'esaminare i motivi del ricorso ha richiamato le disposizioni contenute negli artt. 1118, comma 1, e 1123 c.c. dalle quali emerge che la convenzione è in sostanza una dichiarazione negoziale, espressione di autonomia privata, con cui i condòmini programmano che la portata degli obblighi di contribuzione alle spese sia determinata in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118, 1123 e ss. c.c. e 68 disp. att. c.c. Viene, dunque, imposta, a pena di radicale nullità l'approvazione di tutti i condòmini per le delibere dell'assemblea di condominìo con le quali siano stabiliti i criteri di ripartizione delle spese in deroga a quelli dettati dall'art.1123 c.c., oppure siano modificati i criteri fissati in precedenza in un regolamento "contrattuale" (Cass. 19 marzo 2010, n. 6714; Cass. 27 luglio 2006, n. 17101; Cass. 8 gennaio 2000, n. 126). Nella fattispecie, avendo i condòmini, nell'esercizio della loro autonomia, dato vita alla "diversa convenzione" di cui all'art. 1123, comma 1, ultima parte, c.c., mediante dichiarazione di accettazione avente valore negoziale, tale convenzione di natura contrattuale era successivamente modificabile soltanto tramite un rinnovato consenso unanime dei condomini (Cass. Sez. 2, 10 marzo 2020, n. 6735; Cass. 25 gennaio 2018, n. 1848). Tale unanime convenzione modificatrice è stata ritenuta perfezionata dalla Corte d'appello di Milano allorché l'unico condòmino assente all'assemblea del 6 febbraio 1996 aveva dichiarato di aderirvi con lettera del 20 settembre 2004. Infatti, ciò che rileva nella specie non è l'attività dell'assemblea, quanto alle operazioni di voto, all'esito delle stesse, alla verifica delle maggioranze, ma la formazione di un consenso negoziale, che ben può manifestarsi al di fuori della riunione, anche mediante successiva adesione di una parte al contratto con l'osservanza della forma prescritta per quest'ultimo. Quindi, se una delibera di condomìnio deve assumersi all'unanimità ed è volta, in realtà, ad esprimere la volontà contrattuale nei reciproci rapporti tra i partecipanti, essa non è impugnabile secondo la disciplina delle delibere assembleari (art. 1137 c.c.), con la conseguente possibilità, da un lato, del successivo perfezionamento di essa al di fuori dell'assemblea (artt. 1326 e segg. c.c). La Suprema Corte, pertanto, ha enunciato il seguente principio: in tema di condominio negli edifici, la convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali, ai sensi dell'art.1123, comma 1, c.c., e che deve essere approvata da tutti i condomini, presuppone una dichiarazione di accettazione avente valore negoziale, espressione di autonomia privata, la quale prescinde dalle formalità richieste per lo svolgimento del procedimento collegiale che regola l'assemblea e può perciò manifestarsi anche mediante successiva adesione al contratto con l'osservanza della forma prescritta per quest'ultimo. La Corte di Cassazione ha escluso, in definitiva, il vizio di invalidità della deliberazione assembleare del 6 febbraio 1996 e quello conseguente della deliberazione del 17 settembre 2007, posta a fondamento del decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali oggetto di opposizione da parte della Intesa Sanpaolo s.p.a. In conclusione il ricorso è stato ritenuto infondato e perciò è stato rigettato. 

 

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