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L'obbligo dell'avvocato di corrispondere il compenso per le prestazioni affidate al collega

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Il rapporto di colleganza e l'omesso compenso a favore del professionista corrispondente

Si verifica molto spesso che una parte deve essere difesa in una causa che si svolge in una città diversa da quella di residenza. Se detta parte non conosce avvocati nel foro in cui deve essere difesa, si rivolge al difensore che conosce. Quest'ultimo metterà in contatto la parte con il collega del diverso foro, «al quale (talvolta congiuntamente con il legale con cui ha rapporto diretto) la parte medesima conferisce il mandato ad litem». Può accadere, tuttavia, che la parte decida di intrattenere il rapporto di clientela solo con il professionista che già conosceva. In queste ipotesi, al legale dell'altro foro risulterà:

  • conferita solo una procura che tecnicamente sarà necessaria all'espletamento della rappresentanza giudiziaria;
  • il mandato di patrocinio in favore di tale avvocato sarà proveniente unicamente dal primo professionista che l'ha individuato e contattato.

Chi pagherà il compenso?

L'obbligo di corrispondere il compenso, in questi casi, incomberà sul primo professionista (Cass. civ., n. 7674 /2019) e la sua violazione costituirà una condotta rilevante dal punto di vista deontologico. E ciò in considerazione del fatto che incombe sull'avvocato l'obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega[1]. 

Quali conseguenze derivano dall'omesso compenso in favore del collega?

L'obbligo in questione è espressione del rapporto di colleganza che deve sempre svolgersi nel rispetto dei principi di correttezza e lealtà (CNF. n. 193/2016); principi, questi, la cui osservanza consente al professionista di non porre in essere un comportamento di disvalore (cfr. C.N.F. 14/10/2008 n. 118, richiamata da CNF. n. 193/2016).

La violazione di tale obbligo costituisce un illecito disciplinare sanzionabile con la censura.

L'obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega nella prassi

É stato ritenuto che:

  • che l'obbligo di compensare il collega nel caso di co-difesa o domiciliazione non sussiste, se l'incarico non è stato affidato dal dominus, ma direttamente dal cliente (CNF, n. 244/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=70053). In quest'ipotesi, infatti, non è prevista in capo al dominus la solidarietà passiva per il pagamento delle competenze del procuratore domiciliatario o comunque del co-difensore (CNF, n. 35/2011, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=640). Detto obbligo, invece, sussiste se i) l'avvocato ha scelto o ha affidato direttamente ad altro collega le attività di rappresentanza o assistenza e ii) il cliente non adempie (CNF, n. 132/2017, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=36496), salvo che il professionista non dimostri di essersi inutilmente attivato, anche postergando il proprio credito, per ottenere l'adempimento per il collega (CNF, n. 35/2011, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=640);
  • «pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante [...] il professionista che ometta di dare riscontro alle ripetute richieste di informativa del collega domiciliatario e che, tenendo un comportamento puramente dilatorio, non si adoperi affinché quest'ultimo ottenga il soddisfacimento delle proprie spettanze professionali» (CNF, n. 193/2016, inhttps://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=34946);
  • se il professionista non si adoperi per far sì che il cliente provveda al pagamento delle prestazioni procuratorie affidate al collega pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante. E ciò in considerazione del fatto che viene leso «il dovere di colleganza e correttezza propri della classe forense». L'illecito disciplinare resta tale anche se il cliente non ha pagato il compenso dovuto neppure al dominus. (CNF, n. 54/2004, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=11878);.
  • «qualora la condotta ascritta al professionista abbia natura omissiva (come nel caso di mancata corresponsione delle competenze al collega domiciliatario o sostituto processuale, n.d.r.), il termine di prescrizione non può ritenersi decorso, non essendo mai cessata la condotta incriminata che assume i connotati della continuità e della permanenza»(CNF, n. 2/2013, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=28009).


Note

[1] Art. 43 Codice deontologico forense:

«1. L'avvocato che incarichi direttamente altro collega di esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza deve provvedere a compensarlo, ove non adempia il cliente. 2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura».

 

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